Il sospiro di Bisceglie è uno dei dolci simbolo della gastronomia pugliese. Spesso confuso con la tetta della monaca (sì, non sono la stessa cosa), è Presidio Slow Food dal 2014, promosso dall’Associazione Pasticcerie Storiche Biscegliesi. Ha anche un evento dedicato, la Notte dei Sospiri, che il 30 settembre porterà sul lungomare della città a nord di Bari sospiri dolci e salati. Le informazioni sull’origine di questo dolce sono frammentate, ma per riconoscere il sospiro di Bisceglie originale basta davvero poco.
Cos’è il sospiro di Bisceglie
“Il vero sospiro biscegliese si riconosce dal pan di Spagna” spiega Salerno “Deve essere superleggero, fatto con zucchero, uova e farina, farcito con comune crema pasticciera realizzata con prodotti del territorio, e ricoperto di glassa fondente, nota anche con il nome di giuleppe (o giulebbe)”. Il pan di Spagna può essere bagnato da un liquido dolce o dall’alchermes. Sulla glassa è possibile trovare anche un giro di cioccolato a spirale.
“La parola giuleppe deriva dall’arabo ‘gol abb’, che significa acqua di rose. Su questo ingrediente abbiamo avuto incontri con donne iraniane che ci hanno confermato l’origine mediorientale dell’ingrediente. Un’altra testimonianza, risalente al 1526, è quella dello storico, filosofo e teologo bolognese Leandro Alberti. Nella sua Descrittione di tutta l’Italia egli parlò di Bisceglie e di aver gustato un particolare “Zebibo tanto eccellente, con zuccaro, et altre cose aromatiche…”. Alcuni interpretano il termine “zebibo” come “giulebbe”. Insomma: attraverso il sospiro stiamo ripercorrendo anche la storia della pasticceria pugliese”.
L’Associazione ha anche codificato come si mangia il sospiro di Bisceglie. Dato che la forma richiama il seno di donna, il dolce va addentato partendo dalla base e lasciando per ultima la punta, dove si dovrebbe concentrare la glassa, quasi fosse una goccia di latte sulla punta di un capezzolo.
Le origini del sospiro di Bisceglie
Ci sono numerose leggende sull’origine del sospiro, non sempre supportate da fonti certe. Testimonianze scritte riconducono alla ricetta della famiglia La Notte datata 1700. Ma scavando nella storia monacale, sembra che il sospiro fosse preparato sin dall’inizio del Cinquecento. La farcitura però era a base di mostarda d’uva. “I forni non erano ovunque” sottolinea Salerno “C’erano quelli del comune, quelli delle monache del monastero di San Luigi o quello dei frati minori della chiesa di San Lorenzo. Con fuoco proprio era più facile gestire la cottura e realizzare un impasto soffice”.
Gli studi del professor Luigi Palmiotti su alcune fonti scritte legano il nome del sospiro a quello di una cugina omonima di Lucrezia Borgia. Fu proprio in occasione delle mancate nozze di questa parente della famosa sovrana che si diffuse il sospiro. Bisceglie era feudo dei Borgia ed è qui che si doveva celebrare il matrimonio. Sospirando per l’attesa, gli invitati si consolarono mangiando quello che sarebbe diventato il dolce simbolo di Bisceglie.
“Come Associazione stiamo portando avanti una leggenda che vuol essere una metafora più vicina ai giovanissimi, per spiegare il processo creativo che guida le mani dei pasticcieri” svela Salerno. Così è nata la storia del pasticciere innamorato, impegnato in una casa nobiliare e invaghito della figlia del padrone. Non riuscendo a dichiararsi, erano solo gli sguardi a parlare per loro. La ragazza era già promessa a un nobile del posto. Saputolo, il pasticcere si disperò. Affacciato alla finestra, in cerca di un’idea sul da farsi, si trovò a sospirare davanti alla luna riflessa nel mare. La luce del satellite creava sull’acqua scura una mezzaluna dai contorni irregolari, che terminava in una punta. Questa immagine gli diede l’idea per creare un dolce che conquistò sia la ragazza sia il padre, congiungendo i due innamorati.
Tetta della monaca vs Sospiro: le differenze e le varianti
Proprio come sta accadendo per l’Assassina, i social hanno eletto la tetta della monaca dolce simbolo della Puglia. C’è chi dice che la differenza col sospiro stia nella presenza della glassa. Ma non è così. “La tetta della monaca può essere chiamata sospiro, ma non il contrario” puntualizza il direttore “Tutto, infatti, parte dalla ricetta biscegliese. La tetta della monaca è una variante più recente perché utilizza l’africano mix e la crema chantilly, ingredienti moderni”.
Negli ultimi anni si è affermato il sospiro salato. Secondo Salerno, “sarebbe la preparazione perfetta per un aperitivo pugliese”. Ma la ricetta impedisce la conservazione di questo prodotto per più di un giorno, anche se salato. Infatti, bisogna saper bilanciare sapidità e umidità, che non sempre premiano la longevità del prodotto.
L’Associazione dedicata al Sospiro e la notte del 30 settembre
A tutelare l’originalità del sospiro di Bisceglie, ci pensa l’Associazione Pasticcerie Storiche Biscegliesi. Il progetto nasce 12 anni fa e si concretizza nell’attuale assetto associativo nel 2018. A comporre il gruppo sono 8 “custodi della tradizione”, 8 pasticcerie del luogo. “Il gruppo è aperto a tutti. Unico requisito: saper fare il sospiro” ci spiegano.
Ai sospiri poi è dedicato un importante evento, La Notte dei Sospiri, che quest’anno si terrà il 30 settembre in via Nazario Sauro, presso il porto di Bisceglie. L'evento partirà alle 18.30 e andrà avanti fino a mezzanotte, organizzato dall’Associazione Pasticcerie Storiche Biscegliesi. In programma, tantissime attività, musicali, culturali e gastronomiche. Tutto intorno, si potranno assaggiare i sospiri dolci e salati realizzati nelle precedenti 24 ore dai pasticceri dell’Associazione, con diverse versioni di sospiro dolce e salato (anche senza glutine e senza lattosio).