Brisa è uno dei migliori forni di Bologna. E “uno dei” perché, si sa, dieci non si dà mai nemmeno ai secchioni. Senz’altro, però, è quello con le idee più brillanti, come dicono gli otto anni di crescita esponenziale già illustrati, due crowdfunding multimilionari che hanno aperto l’attività alla partecipazione di molteplici soci, totalizzato 5 punti vendita e accreditato l’azienda come prima public company italiana nel settore.
Un piccolo impero di pane, pizza, caffè e cioccolato, reticolato e orizzontale, fatto di condivisione con panificatori di tutta Italia e un dialogo trasparente con il pubblico. Portato avanti uno statement dopo l’altro; come quello che spiega — non solo a parole ma coi fatti — che a buttare il pane si fa peccato mortale. Abbiamo chiesto a Pasquale Polito, co fondatore insieme a Davide Sarti, di raccontarci come funziona lo spaccio aziendale dei “prodotti salvati”, dove si acquistano prodotti imperfetti ma buonissimi a prezzi ribassati.
Il lab e lo spaccio del forno Brisa
“Lo spunto iniziale è stato tutto etico e filosofico. Il nostro settore sconta sprechi inimmaginabili, che bisogna trovare il modo di contrastare”, spiega Polito. “Siamo sempre stati piuttosto virtuosi, calibrando bene la produzione, ma si poteva fare di meglio”. Un pane agricolo, lievitato naturalmente e di grande pezzatura, il loro, che resta fragrante per giorni ma che, naturalmente, non è possibile rimettere a scaffale oltre 24 ore dalla cottura. A meno che non lo si comunichi bene al pubblico, ne sia consapevole e decida di salvare un prodotto che altrimenti andrebbe buttato. “L’occasione c’è stata col primo crowdfunding del 2021. Abbiamo aperto un grande laboratorio in zona Bolognina e ricavato lì uno spazio per lo spaccio”.
Da quel momento, a tarda sera o di prima mattina parte un furgone che raccoglie, bottega per bottega, i pani invenduti. Opportunamente reimbustati, sono poi messi a disposizione allo spaccio al 30/35% in meno del loro prezzo di listino. “Abbiamo calcolato che così si recupera il costo della materia prima e quasi del tutto anche quello del lavoro. È matematica; più si abbassa lo scarto e più il costo di produzione è vicino a quello teorico”, chiosa Polito. Come in una vecchia pubblicità, “è buono qui; è buono qui”, aggiungiamo. Dove il secondo ‘qui’ sta naturalmente per il portafoglio dei clienti.
I prodotti “brutti ma buoni” dello spaccio di Brisa
Sia chiaro: lo spaccio di Brisa non è affatto il “magazzino aziendale degli invenduti” che uno potrebbe, erroneamente, immaginare. Ma un locale accogliente quanto gli altri, con un angolo caffetteria per ordinare ottimi caffè, cappuccini e flat white e un bancone con tutti i classici del repertorio. Ai quali si aggiungono, appunto, i pani con appena qualche ora di troppo e i cosiddetti “brutti ma buoni”. Ci sono infatti i cornetti “stortignaccoli” — rischio calcolato in un procedimento che li vuole arrotolati a mano al ritmo di mille pezzi al giorno — che i fornai hanno imparato a quantificare in anticipo.
“Sappiamo che sul totale un 3% verrà fuori un po’ peggio, quindi la sera ne mettiamo in lievitazione di più. Ecco il ‘margine’ destinato alla Bolognina”. Oppure golosissimi “residui” dalla lavorazione di altri dolci, come i bordi leggermente più asciutti delle teglie dei brownie, che vendono ritagliati e venduti al sacchetto. A Natale e Pasqua panettoni e colombe dalla forma un poco irregolare, e, spesso e volentieri, addirittura “test di laboratorio”. Ovvero le prove che i pasticceri sfornano in fase di elaborazione di nuove ricette, che sarebbe davvero un peccato buttar via. Pensateci bene: oltre che acquistare lievitati eccellenti al di sotto del loro prezzo, si corre anche il rischio di scoprire in anteprima le novità del bancone più interessante di Bologna.