A Bologna — ma anche nel resto dell’Emilia, in Romagna e nella confinante Toscana — il “latte in piedi” è uno di quei dolci che, nei pranzi davvero importanti, non dovrebbe mai mancare. Un budino in realtà piuttosto semplice, a base di latte, uova e zucchero, da tagliare a fette sode e caramellate che non hanno bisogno di “parti croccanti”, stratificazioni o altre complicate aggiunte tipiche della pasticceria moderna. Parliamo infatti di un piatto antico, conosciuto anche con altri nomi che ne suggeriscono la storia: a volte fiordilatte, altre “latte portoghese”, racconta di un periodo in cui i dessert viaggiavano per l’Europa insieme a mercanti e cuochi di corte.
Perché il latte in piedi si chiama così
Un nome che è una figura retorica, per un budino dalla consistenza del tutto particolare, che gli consente — appunto — di restare ben ritto sul piatto di servizio. Diversamente da altri cugini stretti quali crème caramel, crème brûlée e flan, si cuoce in uno stampo a ciambella o lingotto, per essere poi comodamente affettato. Ma il nostro budino “resta in piedi” non solo grazie alla cottura in forno a bagnomaria, che condivide con altri dessert, ma per il modo in cui il latte, ingrediente principale, viene trattato. È fondamentale lasciarlo ridurre insieme a zucchero, vaniglia e scorza di limone finché non dimezza in volume (anche per qualche ora, a fuoco lentissimo, senza timore). Unito alle uova sbattute — e senza aggiunta di panna, che invece serve per il crème caramel — e poi versato nella tortiera dal fondo già caramellato, contribuirà a consolidare la texture del dessert e a intrappolare le caratteristiche “bollicine”.
La storia del latte in piedi, dal Portogallo a Bologna
Sul perché, a casa come al ristorante, lo si chiami anche fiordilatte non è il caso di insistere. Più interessante, invece, il nomignolo “latte portoghese”. Nonostante di creme a base di latte e uova si registrino tracce ancora più antiche, sembra che un budino aromatizzato alla vaniglia sia stato assaggiato da alcuni mercanti toscani in viaggio in Portogallo nel XVI secolo.
Le coste del paese, giustamente, erano le prime a ricevere le bacche aromatiche dai Caraibi. C’è altresì una tesi “nostrana”, che vede ancora una volta il coinvolgimento della famiglia De’ Medici: sarebbero stati i cuochi fiorentini a servire “per primi” il dolce, in occasione della visita di una delegazione proprio dal Portogallo. Sui natali non si farà probabilmente mai chiarezza; quel che è certo è che Pellegrino Artusi inserì la ricetta del “latte alla portoghese” nel suo volume del 1891, proponendola addirittura in tre versioni: alla vaniglia, al caffè e ai semi di coriandolo.
Dove mangiare il latte in piedi a Bologna
Nel capoluogo emiliano trovare il latte in piedi sulla carta dei dessert non è affatto difficile. Accanto magari a zuppa inglese e torta degli addobbi, altre ricette storiche che non sembrano cedere il passo alla pasticceria più moderna. Tra le molte versioni spicca quella di Al Cambio, ristorante elegante ma con piatti tradizionali di Massimiliano Poggi, con in sala Piero Pompili e in cucina, da poco, il giovane Matteo Poggi.
Nella versione super classica la propone anche chef Daniele Bendanti di Oltre., che pur nel resto del menu non risparmia qualche tocco creativo sui grandi classici. Per una proposta come quella di casa c’è il dessert de Le Golosità di Nonna Aurora, mentre per una fetta di latte in piedi particolarmente “caramellosa" quella di Vicolo Colombina, proprio in centro. Infine l’Osteria Bottega di Daniele Minarelli — una delle tavole più affidabili di Bologna — dove il “dolce della domenica” si prepara con aggiunta di amaretti e mandorle.