Accento partenopeo, eloquio entusiasta e tante “c” aspirate: Gaetano Cerasuolo — chef napoletano di alta cucina vegetale di stanza a Firenze da 15 anni — è un tipo istrionico. Appassionato fino al midollo di cucina fiorentina, ha l'obiettivo visionario di accompagnare la tradizione dei trippai in un futuro in cui, ci piaccia o no, a tavola dovrà e potrà esserci meno carne. Ma non di sole fantasie parliamo. Da giugno 2022 ha infatti aperto a Novoli, un quartiere residenziale del capoluogo, la sua Tripperia Vegana, prima nel suo genere. Non cercatela, però, tra le altre attività su strada: alzate lo sguardo, ché i panini arrivano da un cestino calato dal balcone.
L’idea della tripperia vegana
“La prima cosa che ho assaggiato qui? Un panino col lampredotto. Anzi, a dire il vero, tre di fila”. Ciò, naturalmente, accade prima dell’esclusione di prodotti animali della sua dieta, che ha portato il 43enne Cerasuolo — con già all’attivo passaggi in cucine importanti — a specializzare la sua pratica.
“È successo quattro anni fa. Ho esteso la scelta anche al mio lavoro e studiato da grandi esperti, come Pietro Leemann del Joia di Milano. Poi ho applicato questo bagaglio di tecniche meravigliose alla mia visione”. Troppa la nostalgia del quinto quarto vario, da gustare nel più popolare dei panini di strada, per non confrontarsi con una sfida all’apparenza impari: ricrearne gusto, odore e, soprattutto, quella consistenza così identitaria. “Ci ho messo due anni, tra tentativi ed esperimenti, anche coadiuvato da altri bravi chef. La mia Tripperia Vegana ora ha spento una candelina e conquistato il sostegno di moltissimi clienti”.
Cucina vegana nel panino fiorentino
Cerasuolo tiene a fugare ogni dubbio: la sua interpretazione non è uno sfottò delle antiche usanze — e a considerare dalla verve con la quale ci parla del patrimonio gastronomico fiorentino non abbiamo difficoltà a crederci — bensì un omaggio. “Ho lavorato moltissimo per preservare un gusto simile agli originali, che non intendo perdere. Vorrei trasmettere al primo morso il sentimento di una pietanza casereccia, come quella che preparano i vecchi trippai. Anche tra loro, e sono fiero di dirlo, abbiamo grandi fan”.
Come è riuscito a raggiungere un risultato soddisfacente, come conferma il centinaio di panini serviti quotidianamente tra pranzo e cena? “Lavoriamo su una combinazione di tre tipologie di funghi pleurotus. Hanno una concentrazione proteica altissima, dell’1,5% maggiore di quella delle frattaglie. Otteniamo una texture consistente e poi li cuciniamo secondo le nostre ricette. Nei brodi ci sono i classici odori, molte spezie, qualche segreto e tanta tecnica per esaltare le note umami”. Il pane si attiene alla tradizione in maniera ancora più filologica: “Lo facciamo noi in un altro laboratorio. Non si tratta delle rosette, diventate comuni di recente, ma del più classico panino semel, con farine da grani antichi toscani. La nostra ricetta lo rende solo molto più croccante”.
Cosa si mangia e come si ordina da Tripperia Vegana
Ma il prodotto, come dicevamo, non è l’unica peculiarità della fantasiosa tripperia. “Abbiamo aperto come ghost kitchen, ovvero un laboratorio perfettamente attrezzato e rispondente a norme e regolamentazioni. Solo che non abbiamo coperti e gestiamo tutto online. Si può fare un pre-ordine tramite business whatsapp e sul sito, oppure inoltrare la richiesta una volta arrivati qui sotto. I panini sono tutti espressi e in meno di tre minuti li caliamo giù col nostro cestino”.
Proprio così. C’è un panierino che percorre due piani e arriva in mano al cliente, poi risale, pronto per un altro giro. “Durante la pandemia ci permetteva di evitare ogni contatto. Lo manteniamo perché ci piace un sacco, e anche perché è diventato un marchio di fabbrica”. Il menu copre tutto il repertorio: ci sono i Fantastici 4 che reinterpretano le preparazioni classiche, con il 6-Tan8 con lampredotto vegano e il suo brodo (attenzione: non c’è seitan, il prodotto è gluten-free), il TriiP con trippa alla fiorentina vegana al pomodoro e "fake" Parmigiano, la S-Guancia con peposo vegano alla fornacina e I’ Francesin, il lesso (ovviamente) vegano “rifatto” con cipolla rossa (tutti a 8€).
Poi due “extra”: la Bestia vegana, con “salsiccia”, verdure di stagione e “finta” provola (10€) e infine il Fumus, ancora col lampredotto della casa e una salsa di canapa ed erbe spontanee, contorno di patate dolci e un tocco davvero particolare: è affumicato con legno di olivo o mandorlo direttamente nel sacchetto della consegna (13€).
Gli ordini fioccano e vanno via veloci; ma nel futuro della Tripperia che c’è? “Tanti altri locali. Ci stiamo già lavorando. Saranno più convenzionali, ma non mancherà mai un tocco bizzarro. Ormai ci conoscono anche per questo”.