Nell’immaginifico folklore giapponese, i kodama sono gli spiriti che abitano gli alberi più antichi, dediti alla protezione delle foreste. E Kodama è anche come Marco Casciano e Gianluca Di Giulio hanno titolato la loro enoteca e saketeca (anche se sarebbe più corretto chiamarla sakaya) al quartiere Ardeatino di Roma, che sin dal nome anticipa una certa unicità. Selezioni di vini e sake, oltre a whisky e distillati pregiati, in un locale popolato di scaffali ma anche — qui è dove si distingue — da una piccola biblioteca, e che diventa spazio per il racconto al pubblico. I fondatori raccontano il loro progetto sulla cultura del bere.
I fondatori di Enoteca Kodama
Casciano e Di Giulio, rispettivamente 35 e 38 anni, si sono incontrati ai banchi di un corso di conoscenza e degustazione di vino, che, diversamente dai più canonici, ha insegnato loro ad avvicinare la degustazione in modo meno scientifico e più “olistico”. Appassionati all’universo whisky, “che rimane il nostro primo amore”, hanno lasciato una carriera in farmacia e il lavoro in un’azienda vinicola per aprire un wine bar al quartiere Ardeatino. Il fascino del sake — bevanda fermentata a base di riso dalla storia millenaria — lo approfondiscono alla Sake Sommelier Association Italia, che dà al loro entusiasmo struttura e tecnica.
Nel primo locale lo propongono volentieri, “ma ci mancava il tempo di spiegarne bene il valore, in primo luogo culturale”. Per un prodotto tanto diverso per aspetto, note organolettiche, ritualità e servizio dai nostri vini e distillati, la chiave “è proprio il racconto e la degustazione, orientata da chi la guida”. Il 1° ottobre del 2022, quindi, decidono di correggere il tiro, rinunciando alla somministrazione per aprire un’enoteca di esclusiva vendita. Anche se in realtà da Kodama c’è parecchio di più.
Sake, whisky e vino: le selezioni “integrali” di Enoteca Kodama
“Abbiamo immaginato il nostro posto come quello che desideravamo frequentare”, spiegano i fondatori, “pensando alle enoteche di cinquant’anni fa”. Esercizi di quartiere, quindi, aperti a una clientela fidelizzata che andava ad assaggiare, chiacchierare e ascoltare consigli e racconti. Kodama, infatti, non è foderata di bottiglie affastellate e colonne di cassette di legno, ma accoglie tra pareti blu ottanio e file ordinate di bottiglie che cambiano spesso, invitando a passare del tempo. C’è la poltroncina all’ingresso a portata di piccola biblioteca con libri da sfogliare, “con alcune pubblicazioni piuttosto introvabili sul mondo sake e whisky. Le vogliamo condividere”; ci sono le piante che scendono dall’alto, “perché queste bottiglie sono innanzitutto espressione della natura, e ci piace ricordarlo” e, infine, ci sono loro due. Dietro al bancone, ogni giorno tra le 11 e le 20, ma svelti a uscirne per proporre un assaggio e qualche pensiero.
Quelli sulle loro selezioni di vini — “naturali, ma non solo. In ogni caso artigianali e ben fatti” —, whisky prevalentemente scozzesi, con attenzione ai piccoli produttori e a chicche da single cask (che provengono da una sola, selezionatissima, botte) e tutto un repertorio di sake che volano qui dal Giappone. “Lavoriamo con l’unico distributore che garantisce la catena del freddo, e per questo ci sono anche sake non pastorizzati molto difficili da trovare”. Tre famiglie diverse, con il comune denominatore della scelta di bottiglie da materie prime e processi eccellenti: “Ognuna è espressione pura del suo territorio e della cultura del prodotto. Nel modo più integro e onesto possibile”.
La cultura del bere e le iniziative per il pubblico
“Vendere, nel nostro caso, è solo il passo finale”, assicurano Di Giulio e Casciaro, spiegando come prima ci sia il confronto diretto, il racconto e — importantissimo — l’accompagnamento all’assaggio. “Soprattutto per il sake, una bevanda che all’inizio può stupire per le sue caratteristiche organolettiche complesse, con note umami a cui non siamo abituati”. Da Kodama si scelgono le bottiglie dopo aver degustato e capito, si frequentano i corsi di avvicinamento tenuti dalla SSA e “si partecipa a eventi in cui i distributori parlano del sake e spiegano da dove arriva. Ogni parte dell’attività serve per far capire che bere con consapevolezza è un’esperienza culturale, estetica ed edonistica”. In quasi un anno di attività, intorno all’enoteca si è consolidata una comunità di curiosi, inizialmente, e appassionati poi, oltre a addetti ai lavori, “che vorremmo coinvolgere ancora di più, magari in un club per condividere la cultura giapponese”.
Inoltre, è in preparazione un manuale di degustazione a cura dei fondatori, che già pubblicano online recensioni e note di degustazione delle loro bottiglie, “perché allenare il palato con tanti assaggi è la base, ma per comprendere davvero una bevanda sono necessarie le parole per raccontarla”.