Cento candeline che più che su una torta sarebbero perfette su un gigantesco mazzo di carciofi. Compie un secolo, infatti, la trattoria Giggetto, aperta dal 1923 nel centro storico di Roma, da dove ha conquistato, coi suoi fritti alla giudia, generazioni di Romani. Si è installata a pochi passi dal Portico d’Ottavia in tempi in cui il ghetto non era ancora zona per turisti ma per il popolo, e poi non si è più mossa: dieci decadi di carriera che vale la pena festeggiare con una cerimonia in programma lunedì 23 ottobre 2023, con tanto di masterclass sul “fritto perfetto” e stornellatori.
Un secolo di storia di Giggetto al Portico d’Ottavia
Sembra messa apposta, l’insegna dell’osteria, di fianco alle vestigia del monumento dedicato alla sorella dell’imperatore Augusto, per segnalare che tra una visita alle rovine e una passeggiata al ghetto è una buona idea fermarsi per un pranzo sostanzioso. Qui il Signor Luigi Ceccarelli (alias Giggetto) acquistò una vecchia osteria a cavallo tra le due guerre, insieme alla moglie Ines.
“In quegli anni la comunità locale era molto forte e molto unita”, racconta Marco Ceccarelli, suo nipote, “e, per non essendo mio nonno di religione ebraica, fu subito ben accolto”. Tra i primi clienti c’erano i “fagottari”, lavoratori affamati che si portavano il cibo da casa e passavano da lui soltanto per un bicchiere, “perché da subito, a differenza di altri, offriva il vino buono”. Mentre il signor Giggetto veniva dalla Ciociaria, ed era un grande appassionato di vino, la moglie si occupava dei fornelli: “Hanno unito le loro forze e le loro capacità e si sono dedicati ai piatti tradizionali e alla cucina ebraico-romana. Così continuiamo a fare anche noi”.
I famosi carciofi alla giudia di Giggetto, finiti sul Financial Times
Tra i migliori di Roma — stando anche al Financial Times, che li ha messi in cima al suo podio — ai carciofi alla giudia va una certa responsabilità nel consolidamento del percorso della trattoria. Un must per residenti e viaggiatori, da Giggetto se ne friggono anche 300 pezzi al giorno, secondo stagione.
Cosa sono esattamente i carciofi alla giudia e come mai si chiamano così? Utile, per i non romani, ricordare che si tratta di un piatto nato in questo ghetto, istituito nel 1555 e uno dei più antichi al mondo. Il fiore del carciofo viene pulito con cura e alleggerito di almeno la metà delle foglie esterne, cotto in olio a temperatura media per 20 minuti, in modo da ammorbidire il centro, e poi di nuovo in olio caldissimo per qualche minuto, appena prima di servirlo. Le foglie (o meglio i petali) si aprono così a corolla, arricciandosi e guadagnando croccantezza. Un pizzico di sale completa una pietanza che, con buona probabilità, è legata alla tradizione di preparare cibi fritti per le celebrazioni ebraiche di Hanukkah, che cade d’inverno.
Cosa c’è oggi sul menu di Giggetto
Duecento coperti e altri 120 all’esterno, che la famiglia Ceccarelli, oggi alla terza generazione con Marco e Claudio, sorveglia in prima persona sette giorni su sette, insieme ad alcuni camerieri con cinquant’anni di carriera. “La nostra forza è quella di essere sempre presenti; non siamo di quei ristoratori che non ci sono mai”, puntualizza Claudio, “come mi ha insegnato mio padre, siamo maniacali nella cura del locale; compriamo prodotti di qualità, che significa fare il 50% del lavoro, e cerchiamo di cucinarli al meglio”.
Il menu, ovviamente, non ammette deroghe alla tradizione, che tuttavia è aggiornata perlomeno nella scelta degli ingredienti, come baccalà islandese per i filetti e guanciale da piccoli produttori della Valnerina per i classici primi. Che sono gli spaghetti alla carbonara (16€) o cacio e pepe, i bucatini all’amatriciana (16€) e i cannelloni ripieni (20€). Sempre disponibile una zuppa di verdure come quelle di casa, poi trippa (20€), coda alla vaccinara (22€), abbacchio e animelle (20,18€). Sì, ma i carciofi alla giudia? Non si muovono dalla carta, così come il filetto di baccalà (7€).