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Martedì, 3 Ottobre 2023
Roma

A Roma la trattoria giapponese con una lista d’attesa di sei mesi

Pochi coperti, eccellente cucina tradizionale e sushi preparato da una delle chef più premiate del paese. Che ha studiato in Giappone e ricostruito un angolo autentico di Sol Levante

Che impegni avete per i prossimi sei mesi? Per poter fare una delle esperienze più autentiche di Roma in fatto di cucina tradizionale giapponese, è il caso di dare un’occhiata all’agenda e prenotare, portando molta pazienza, all’izakaya Mikachan. Un delizioso angolo di Sol Levante in zona Infernetto. Cos’è un izakaya? Come mai tanta attesa? Ne abbiamo parlato con Micaela Giambanco, la sua talentuosa (e premiatissima) sushi chef.

Chawanmushi, un budino salato di Mikachan

Micaela Giambanco, dal karate alla cucina

In principio erano le arti marziali. Grande passione della giovanissima Micaela — nata nel ’72 nella Capitale e lì diventata grande — che a 19 anni viaggia fino a Kurume per studiare karate. “Cosa ne sapevo del Giappone? Non molto, tranne quel che avevo imparato da Karate Kid”.

Micaela Giambanco con una ciotola di ramen nella sala di Mikachan, ph. Andrea Di Lorenzo

Appassionata di buon cibo prima di partire, sì, ma conquistata dalla gastronomia nipponica soltanto laggiù, una volta dietro il bancone. “Ci sono rimasta un anno e mezzo, e per mantenermi lavoravo in un ristorante. Non cucinavo — prima di farlo si deve dimostrare una certa esperienza — ma ho rubato tutto con gli occhi. Ero assistente alla preparazione delle colazioni”. Al rientro a Roma, Giambanco fa le cose “alla rovescia” e si iscrive a una scuola di storia, letteratura e lingua giapponese.

Il riso per il sushi di Mikachan, ph. Andrea Di Lorenzo

Non trascura certamente la cucina, che approfondisce coscienziosamente da Hamasei, primo ristorante giapponese della città dal ’74. “All’epoca avevano un piccolo bancone con un angolo sushi da soli 8 posti. Ho osservato il più possibile lo chef che lavorava al mio fianco. Per la prima volta ho conosciuto il sushi e le sue ritualità”.

Concorsi, premi e l’apertura di Mikachan all’Infernetto

In questo periodo — la metà degli anni Novanta — i ristoranti giapponesi non sono ancora la presenza consueta a cui oggi siamo abituati “e trovare informazioni e fare ricerche, senza internet, era tutt’altra cosa”. Giambanco moltiplica i viaggi a Oriente, almeno uno l’anno, per corsi e tirocini sulla cucina di pesce e su quella di carne, anch’essa nobile e profonda.

La sala dell'izakaya Mikachan

Impara a cucinare come i giapponesi e dai giapponesi, componendo le distanze tra tradizioni lontane nel modo più efficace: aprirsi senza remore alla cultura di un altro paese. E se questo è il Giappone, in cui la cucina è solo una delle manifestazioni di una visione che tende all’armonia e all'equilibrio di ogni relazione, a maggior ragione bisogna immergersi con tutto l’ascolto di cui si è capaci. In Italia fa consulenze e guida l’apertura di locali altrui, a Roma e Senigallia, mentre a Tokyo, nel 2018, partecipa ai mondiali di sushi, durante i quali diventa l’unica italiana a ottenere il Kuroobi, potendosi fregiare del titolo di Sushi Chef.

Un altro connazionale che ha ottenuto il titolo di “cintura nera” rilasciato agli stranieri dal World Sushi Skills Institute c’è, ma lavora in Francia. “Era l’anno giusto per un progetto che fosse solo il mio. Autenticamente giapponese, che portasse ai clienti un’esperienza più possibile simile a quella di lì”. E il suo locale all’Infernetto, in effetti, probabilmente non somiglia agli altri che avete visitato. 

Il menu e i prezzi di Mikachan a Roma

Niente boiserie scura, paraventi o luci soffuse, ma arredi in legno chiaro, scaffali pieni di stoviglie, bottiglie e un assortimento di oggettini kawaii da far impazzire gli appassionati. Poi una cucina a vista e un piccolo bancone, governato insieme al marito Paolo Campesi, “al quale ho insegnato la cucina e che si occupa delle proposte di street food”.

Un ramen di Mikachan, ph. Andrea Di Lorenzo

L’aria è quella di un vero izakaya, che potremmo tradurre col nostro “osteria”. Il sushi è previsto, sì, ma tradizionalmente nelle varianti più semplici, mentre protagonista è l’assortimento di portate che accompagna sake e birra. Dai donburi (riso con vari ingredienti) con tonkatsudon (cotoletta, 17€) o ebicurrydon (gamberi e crema al curry, 17€) agli yakisoba (noodles di grano, 15-18€), dal richiestissimo ramen (17-18€) a soba e udon (noodles di grano saraceno o duro in brodo, 13-22€).

Mikachan apre con quattro tavoli che poi diventano cinque, per un totale di 18 coperti; non uno di più. Se all’inizio era sufficiente presentarsi e prendere posto, le cose poi cambiano. “Nel 2020 un articolo su Munchies ci ha fatto conoscere a tantissimi, e le prenotazioni hanno cominciato a fioccare”. Riempiendo l’agenda della settimana, poi del mese, per arrivare agli attuali sei. 

La cucina kaiseki in arrivo da Mikachan 

All’apertura semestrale delle disponibilità le cene dal mercoledì alla domenica vanno sold out in un batter d’occhio, ma Micaela e Paolo non intendono aumentare i coperti, “preferiamo offrire un servizio impeccabile, curando la richieste di ogni ospite. Proprio come si fa in Giappone”.

Micaela Giambanco nella sua izakaya Mikachan, ph. Andrea Di Lorenzo

Nessun doppio turno, quindi, “perché ci si possa godere un pasto senza fretta” e due dozzine di fortunati commensali che ogni sera tornano a casa sognando un viaggio a Oriente. Ma qualche bella novità per la prossima stagione in effetti c’è: “Da settembre il mercoledì sera ci sarà solo cucina kaiseki, l’espressione più raffinata della gastronomia giapponese. E con formula omakase”.

Mikachan, spiriti e distillati giapponesi

Ovvero un menu a sorpresa composto da piccoli piatti, in una sequenza studiata per progredire armonicamente, “e dare al sushi la centralità che merita. In un’esperienza cucita addosso ai commensali”. Solo sei posti al bancone: preparatevi a provarci.

Mikachan
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