Taglieri di salumi e formaggi, fettuccine a volontà e grigliate miste: così si articola, nell’immaginario collettivo, il menu di qualsiasi agriturismo in Sabina, zona collinare punteggiata di borghi e votata all’olio buono tra Roma e Rieti. Il loro “resort agricolo”, invece, Gian Marco Greganti e Fabrizio Tegazio l’hanno immaginato di stampo diverso, traslocando dalla Capitale per rimettere mano a un locale dove cucinare, accogliere, fare l’orto e non solo. Qui raccontiamo cosa significa aprire un agriturismo contemporaneo a un’ora da Roma.
I fondatori de La Tenuta
Romano, classe 1992, lo chef Gian Marco Greganti ha un curriculum solido: con Antonello Colonna ai tempi dell’Open, con Roy Caceres all’allora Metamorfosi (ottimo ristorante della Capitale, nonché fucina di giovani talenti, chiuso nel 2021) e ancora con Massimo Bottura a Modena.
Oltre a viaggi formativi all’estero, tra l’Australia e il Messico, dove ha lavorato al Quintonil di Jorge Vallejo. Fabrizio Tegazio, invece, di anni ne ha 41 e ha infilato anche lui un’esperienza, prima di conoscere Greganti e decidere, in piena crisi covid, di partire con qualcosa di nuovo.“Avevamo in mente di dedicarci a un progetto diverso, dove fare le cose come piace a noi. Volevamo spostarci in campagna e pensavamo sì a un agriturismo, ma che non somigliasse a nessun altro”. Nel 2021 incontrano Andrea D’Amato, proprietario di una struttura simile a Casaprota, in provincia di Rieti, che decide di affidare loro il restyling completo.
Ospitalità e agriturismo in chiave contemporanea
“In qualche mese abbiamo l’abbiamo risistemata, con un minimo investimento iniziale e facendo tutto, più possibile, da noi”, spiega Greganti a proposito della ristrutturazione della sala — con mobili e materiali recuperati nei dintorni e rimessi a nuovo, che danno al ristorante un tocco “agrochic” — e della messa in ordine di “ben 45 ettari. Una proprietà enorme, con 1.200 ulivi dai quali continuiamo a fare l’olio, un orto spazioso che ci permette di essere in parte autosufficienti, il pollaio e un maneggio che serviva già l’attività”.
Poi 12 camere e una piscina, che invitano gli ospiti a un soggiorno con immersione nelle attività del podere, ma ben confortevole. “Per un’esperienza ancora più ‘bucolica’, però, c’è Casa Crusoe, una struttura in legno di 60 metri quadri nel pieno del bosco, con veranda e vasca idromassaggio”. Un glamping rurale, ma con grande stile. Olio, uova e ortaggi della tenuta sono a disposizione dei visitatori come di chi fa un salto nel fine settimana per mangiare o visitare il piccolo spaccio aziendale
Le cotture ancestrali e gli spunti internazionali
“Quando dicevamo che non avremmo voluto lavorare sul repertorio da agriturismo, soprattutto in un territorio come la Sabina, che è un po’ fermo sulla consuetudine, ci davano per matti”, racconta Greganti, che ha voluto partire dalle abbondanti materie prime locali — le carni della Macelleria Pilati di Rieti, le verdure “extra” del Podere Le Prata di Marco Zonetti e i formaggi da piccoli casari reatini — ma giocare con cotture ancestrali e accostamenti che guardano oltre.
Come le rape fermentate insieme alla dadolata di cactus, retaggio della lavorazione messicana del nopal e parte del lavoro sul foraging e la raccolta di erbe spontanee, e il ricorso al barbacoa: “In Messico abita anche parte della mia famiglia e lì ho imparato a cucinare in una buca foderata con mattoni refrattari, una pentola d’acqua sulla brace e poi una griglia dove si può mettere di tutto. Pecora, manzo, polli ruspanti e addirittura anguille. Ma anche le verdure, che così tirano fuori sapori potenti”. All’ingresso del locale capita di intravedere inoltre qualche taglio di carne sospeso sulla fiamma, com’è prassi per l’asado argentino.
Cosa si mangia e quanto di spende a La tenuta
Ma del repertorio tradizionale, non esclusivamente laziale, rimane traccia su un menu che cambia del tutto ogni mese: “Dalla A alla Z, ogni volta ci rimettiamo in gioco”.
Tra i piatti, diretti ma dagli accenti inconsueti, ci sono i canederli di manzo al barbacoa alle erbe (16€) o gli spaghetti agli asparagi selvatici con mela, mollica fritta e prezzemolo (17€); il coscio di pollo al coccio (18€) e le zucchine romanesche alla brace con zabaione salato (16€).
Poi antipasti come il pane casereccio con caciotta di pecora del pastore, condito con pomodoro verde e un prodotto che dice di novità interessanti. “Lo completiamo con il prosciutto di pecora, uno stagionato che facciamo noi. Cercheremo di essere più autosufficienti possibile e stiamo mettendo le mani anche su salsicce e insaccati”. La carta dei vini? Tassativamente naturale, con tante etichette laziali e non poche chicche dal resto d’Italia. A La Tenuta, dai primi di giugno e per tutta la bella stagione, si può passare inoltre anche solo per un aperitivo al nuovo Chiosco Bar, con tutte le bottiglie della cantina e sostanziosi taglieri con tapas miste.