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Mercoledì, 29 Novembre 2023
Ristoranti

Apre il ristorante che vuole insegnare l’alta cucina coreana a Milano

Si chiama Soot il nuovo ristorante coreano a Milano e dietro c’è l’intraprendenza dello chef Kim Minseok. Obiettivo? Portare una cucina autentica coreana, ma diversa, nel capoluogo lombardo

Via Piero della Francesca, a Milano, la notte è occupatissima. Merito di un gruppetto di locali che uniscono la cena alla musica, riuniti attorno al club Gattopardo. Ma ora, anche chi non ama la movida ha un motivo in più per esplorare le vicinanze di corso Sempione, e concedersi un’esperienza gastronomica fuori dal seminato. Il merito è di Soot, nuovo ristorante coreano a Milano.

La cucina coreana piace perfino all’Italia

Dietro all’operazione c’è l’intraprendenza di chef Kim Minseok e un’intuizione di quelle che cambiano il gioco: agli italiani la cucina coreana piace sempre di più, ma i menu si concentrano ancora su street food e cucina casalinga (ovvero i vari bibimbap, kimbap e pollo fritto che abbiamo iniziato a imparare), mentre il mondo da scoprire è ben più vasto di così. “Tanti colleghi proprietari di ristoranti coreani lavorano bene, e la qualità del loro cibo non si mette in discussione. Però credo che la loro proposta, incentrata su piatti relativamente semplici della tradizione casalinga, possa essere un ostacolo per alcuni clienti italiani, soprattutto per chi non è molto pratico di cultura coreana in generale. Per un motivo molto semplice: ogni ristorante magari ha la sua specialità, ma i piatti serviti sono sempre gli stessi, e il cliente italiano ha bisogno di varietà, ha bisogno di sentire l’anima del ristorante. Quello che manca ora è la ristorazione di fascia media anche per la cucina coreana. Una proposta di dining contemporaneo, insomma” ci spiega Minseok.

Galbi

Chi è Kim Minseok, lo chef di Soot

Non poteva essere che chef Kim, anomalia nel panorama della ristorazione coreana in Italia, a creare Soot. Minseok, infatti, non ha seguito il classico percorso che, dall’emigrazione, l’ha portato ad aprire un ristorante in Italia. Al contrario, la sua esperienza in cucina comincia in Corea, fatalmente in un ristorante italiano. Ed è per specializzarsi che arriva nello Stivale, all’Alma per la precisione. Poi, però, al termine del corso non se n’è più andato. Così, dal 2014, Kim è stato parte delle brigate di nomi importanti della ristorazione milanese: Joia, Seta, un periodo sotto Daniel Canzian. Il desiderio di mettersi in proprio cresce, e qui arriva l’ibridazione raccolta in Europa: non nel menu, che deve rimanere coreano. Piuttosto nella presentazione e nella costruzione dei piatti, scremando quella convivialità centrale all’esperienza della tavola della Corea e che porta, spesso, a porzioni troppo sostanziose per i costumi degli occidentali. Cucina coreana, dunque, ripensata con un modello di ristorazione europeo e contemporaneo. Questa è l’idea-madre di Soot, che non per nulla recita, sotto il nome, “Korean Dining”.

Hashbrown di patate di Gwangwondo con cozze

I piatti di Soot: alta cucina coreana

La data di inaugurazione ufficiale arriverà a breve, ma intanto Soot è già operativo in una sorta di fase di rodaggio (e la sala omakase deve ancora aprire). Sulla carta si trovano, come da tradizione, i banchan, piccoli contorni di verdure fermentate serviti à côté delle portate principali. Da Soot il protagonista è il kimchi, fatto e fermentato in casa, sia in versione ancestrale – bianca, senza peperoncino – che “classica”, rossa e piacevolmente piccante grazie al dolce del cavolo cinese. Lo accompagnano daikon piccante e una piccola selezione di jangajji, verdure conservate in salsa di soia.

Pasta di grano saraceno fatta a mano

Fin qui, però, siamo nel reame della tradizione. Come spiega lo chef, le volontà di Soot sono più ampie: “Cominciamo dal nome: Soot è una parola che ha un doppio significato per noi, e che racconta la direzione della nostra ristorazione. In coreano, infatti, significa carbone, mentre in inglese significa fuliggine. Due parole molto importanti, visto che una delle cose che volevamo fare era sviluppare una proposta di Korean Barbecue contemporaneo. E infatti, una delle nostre sale sarà riservata a uno chef’s table dedicato al barbecue alla coreana: la carne verrà preparata davanti agli occhi dei clienti con lo chef in presenza, e servita in tempo reale”.

Il menu di Soot: cosa si mangia

Non solo barbecue, però, sul menu di Soot, che ospita (qualche esempio) Hashbrown di patate di Gwangwondo con cozze, “P&P” (tentacolo di polpo morbido, dressing ai pinoli e yuzu, verdure sottaceto e kimchi di finocchio), Memil Bibim-guksu (pasta fredda di grano saraceno fatta in casa, condita con salsa a base di olio di sesamo, servita con uova in camicia, alghe e crescione d’acqua), Sot-bab (riso espresso con vari condimenti, servito in pentola di ghisa e mantecato a tavola) e Galbi (costine di manzo marinate, servite con una selezione di salse). Il colpo di genio nonché motivazione sufficiente per andare da Soot sta nella lista dei dessert. “In Corea vanno di moda le patate tagliate sottili alla mandolina, fritte e poi passate nel miele e nel burro. Noi le abbiamo reinterpretate come dolce goloso, aggiungendovi una pallina di gelato. Quasi come se la singola patatina fosse un cucchiaino”. E che reinterpretazione.

Sot-bab ai funghi

Soot
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