Tutto comincia con una passeggiata e una vecchia bottega. Lì, dove prima risiedeva un ristorante dal nome sinistro, “Baciamo le mani”, e ancora prima una valigeria storica, Franco Virga poggia gli occhi per aprire il suo secondo progetto, Buatta, una trattoria di cucina tipica siciliana. È il 2015, solo due anni prima (nel 2013) ha aperto il Gagini. Negli anni a seguire verranno altri quattro locali: Bocum, Libertà, Aja Mola e fuori città Stazione Vucciria. Si costituiranno in un gruppo ristorativo solido, Virga&Milano (ex Good Company), anche grazie al lavoro congiunto con la moglie Stefania Milano.
Dalla valigeria alla trattoria siciliana
“Abbiamo sempre pensato che il futuro fosse il centro storico” ci dice Virga, che proprio su Via Vittorio Emanuele camminava quando decise di rilevare il ristorante che poi sarà Buatta. “Credevamo nel fatto che Palermo sarebbe stata esplorata anche dai turisti e che questa fosse una zona che più di tutti poteva accoglierli. Qua ci sono i migliori posti da visitare”. Rilevato il ristorante, l’apertura è a maggio del 2015. Il posto viene ristrutturato, illuminato e riportato in parte alla sua antica anima, quella della storica valigeria Quattrocchi, di cui tornano anche le lettere dorate dell’insegna. “Il signor Quattrocchi quando seppe di questa cosa, ci fece dono di una valigia. Ci ha raccontato che lui nacque proprio tra le mura di quello che oggi è il ristorante”.
Buatta e il suo chef: Fabio Cardilio
I locali sono solo due allora, ma l’idea è che ognuno prenda una sua identità ben definita. Buatta sarà una tipica trattoria siciliana, con lo sfincione, il timballo di anelletti, la pasta con le sarde. “All’inizio cercammo una signora che portasse le sue vecchie ricette. Dopo 4 mesi ci siamo resi conto che ci serviva una strada diversa”. L’entrata in campo dello chef Fabio Cardilio, originario di Roma ma trasferitosi da giovane in Sicilia, tanto da aver preso anche una stella Michelin nel precedente ristorante a Porticello, è propizia. Sarà lui a guidare con sapienza la cucina ritrovata di Buatta (e anche di Aja Mola).
Il menu di Buatta tra stagionalità e prodotti siciliani
Cardilio porta le sue ricette, la proprietà, come da prassi, non mette bocca sulla proposta. La cucina, a vista come tutte le cucine del gruppo (“anche se nel 2015 non era ancora così in voga”), può contare fermamente su materie prime del territorio. “Solo della nostra Sicilia, e solo da agricoltura biodinamica, nemmeno biologica. Considera che ogni due giorni puliamo quasi due cassette di sarde fresche, praticamente 18 kili. C’è da impazzire” ci racconta. Poi il cacio all’argentiera, la caponata, le sarde a beccafico. Negli ultimi anni lo chef si è concentrato molto sul quinto quarto, lavorando con spezzatino, animella, milza.
Lo sfincione più buono di Palermo
Nei 70 coperti del locale, ci spiegano senza vanagloria, le prenotazioni vanno sempre tutte esaurite. Da 8 anni si lavora a pranzo e a cena con l’imperativo della stagionalità. “Quando finiscono le melanzane, si leva la caponata. I ricci non li usiamo perché sono troppo problematici” ci dice Virga. E così arrivano i riconoscimenti: 3 Gamberi, chiocciola Slow Food, Bib Gourmand per la guida Michelin. Ma poi che rimane di tutto questo? Un piatto del cuore: lo sfincione. “Molti dicono che è tra i migliori di Palermo. Noi lo portiamo come amouse bouche, anche se in trattoria si usa poco, insieme con il Marsala stravecchio di Rallo. Insomma piace tanto che poi i clienti se lo prendono pure come antipasto”.