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Mercoledì, 29 Novembre 2023
Agricoltura

Questo giovane vignaiolo piemontese fa un Barolo che non si può chiamare Barolo

Drink Wines Not Labels è il progetto di lavoro e di vita di Alessandro Salvano. Nel 2019, ha deciso di fondare un’azienda vinicola con pochi soldi e con nessuna azienda di famiglia alle spalle. Giusto ai confini con le pregiate terre del Barolo

Ho iniziato questo progetto senza budget e senza vigneti di proprietà, ho fatto un investimento per comprare l’uva con quei pochi soldi che avevo. La fortuna di ereditare da vigneron non capita a tutti”. Le storie di giovani legati all’imprenditoria, in questo caso vinicola, possono sembrare tutte molto simili e intrise di un filo di retorica: ‘Giovani che hanno cambiato il volto delle aziende di famiglia’; ragazze e ragazzi che hanno ‘rivoluzionato il marketing della cantina dei nonni’ con spesso grandi investimenti alle spalle. Sono vicende che raccontano il cambio generazionale, ma non il cambio di passo dell’Italia vinicola, fatta anche di outsider.

Drink Wines Not Labels e Alessandro Salvano

Alessandro Salvano è un ragazzo di 28 anni, e i più direbbero che è giovane, ma il suo modo di parlare non ha nulla dell’incertezza del ventenne. E questo lo si capisce quando scopri che è riuscito a “far accadere” qualcosa in posti dove di solito accade poco. Siamo con lui nelle sue vigne, a Montelupo Albese, in Piemonte, invitati a scoprire la geografia di un’etichetta che da qualche anno si trova in alcune vinerie naturali milanesi: Drink Wines Not Labels (da qui in poi DWNL). Siamo a 50 metri dal confine con la denominazione del Barolo, un’informazione è fondamentale per raccontare meglio questa storia.

Le bottiglie di DWNL hanno etichette da cui si capisce poco, come vuole il design dei vignaioli artigianali contemporanei: c’è scritto sempre la stessa cosa “Bevi vino non Etichette”. Alcune bottiglie lo hanno scritto in inglese, altre in giapponese o in francese. Il motivo del nome è abbastanza semplice e riflette un po’ il succo del progetto: “Siamo al confine con il Barolo, fra Serralunga e Montelupo; il mio progetto nasce nel 2019 da questa idea, ovvero che sia limitante parlare solo di vino, perché penso che il vino debba essere usato per dare voce a un territorio che negli ultimi 40 anni ne ha avuto poca”.

Non è Barolo per 50 metri

Salvano parla dei confini che circoscrivono le vigne di Nebbiolo, quelle destinate a diventare delle pregiate e costosissime bottiglie di Barolo. I confini di queste vigne sono invariati dagli Anni ’80, da quando, per intenderci, è stato pubblicato il disciplinare di produzione del Barolo DOCG, con relativi metodi di produzioni e territori di coltivazione. E questo ha inevitabilmente creato uno squilibrio economico e culturale da un chilometro all’altro: da una parte l’uva poteva essere venduta a cifre importanti, dall’altra valeva molto, molto meno.

Le vigne di Drink Wines Not Labels

Nel 2019 ho chiesto a mio zio di comprare dell’uva per fare del vino qui. Il mio intento era raccontare un po’ il mio pensiero all’interno di un calice e cercare di provare a cambiare qualcosa a cui ci siamo sempre adattati e rassegnati. Tanti anni fa qui hanno tracciato delle linee di confine: le linee dividono sempre il giusto dallo sbagliato, il bello dal brutto, e c’è qualcuno che c’è stato dentro e qualcuno fuori”. E poi continua: “C’erano dei coltivatori che da un momento all’altro sono passati dal vendere uva da uno a cinque, e questo ha portato a poter fare investimenti nella zona, migliorarsi e posizionarsi in mercati differenti. Ci sono dei territori a 50 metri da quel confine che questa fortuna non ce l’hanno mai avuta. Si sono sempre dovuti accontentare di produrre vini più semplici: il Dolcetto, la Barbera, il Nebbiolo. Questo non significa che il prodotto non sia valido, ma ti mette sempre nella posizione di essere inferiore a qualcuno”.

Il lavoro parallelo con i vini da tutto il mondo

Nel frattempo la vita lavorativa di Salvano s’intreccia con l’azienda di spirits Compagnia dei Caraibi che, proprio nel 2020, scende nel campo della distribuzione di vini con Elemento Indigeno e chiede ad Alessandro di curare la ricca selezione di etichette da tutto il mondo. “Facevo call con tutti questi vignaioli del mondo durante il lockdown, che mi facevano vedere la vigna in video-chiamata”. Il lavoro per far crescere DWNL è sempre andato in parallelo; Alessandro per il suo vino piemontese sceglie lo stile della Borgogna, di cui è stato sempre innamorato: Nebbiolo a grappolo intero, lieviti indigeni, nessuna filtrazione o chiarifica. Ci racconta che nessuno scommetteva su questo vino, fuori dai canoni della zona e dei grandi rossi piemontesi. E invece, in breve, iniziano i primi riscontri. Il mercato c’è, e anche molti vignaioli vecchio stampo apprezzano le sue bottiglie.

Uva e vigne di proprietà per fare il vino

Per quattro anni DWNL è sempre stata frutto di négoce, ovvero Salvano ha sempre acquistato l’uva. Adesso le vigne iniziano ad esserci, anche grazie alla nuova azienda agricola messa in piedi con Compagnia dei Caraibi: “A inizio anno c’è stata la possibilità di acquistare questi terreni adiacenti a quelli di mio zio, che erano quelli di mio nonno. Io i soldi per acquistare quei terreni non li avevo. Compagnia dei Caraibi ha creduto nel progetto e ha investito costituendo con me una nuova società “Have Fun”.

Nonostante i limiti imposti da disciplinari e i confini, Salvano comunque il suo Barolo ha cercato di produrlo, fin dall’inizio: “Il primo anno produco due vini: Langhe e Nebbiolo con avvinamento in acciaio, che mi è servito a pagarmi il progetto e che ho fatto uscire subito, l’anno dopo; poi ho fatto Outside, prime bottiglie uscite nel 2023, che segue il disciplinare del Barolo per meno di 1000 bottiglie”.

Denominazioni, etichette e vini che se ne infischiano

Outside non sarà mai un Barolo, la sua denominazione è Langhe-Nebbiolo, ma serve ad Alessandro a ribadire il suo discorso sui vini di confine, che spera che altri ragazze e ragazzi come lui inizino a fare, su altri versanti. “Quello che sto facendo non vuole togliere niente a nessuno, sto solo provando a far sì che questa zona si alzi di livello, senza ragionare come brand e denominazioni, ma a valutare il prodotto in sé”. Girando fra le vigne insieme, ci mostra alcuni grappoli danneggiati a causa delle turbolenze e delle alte temperature di agosto e settembre: alcuni grappoli che devono ancora essere vendemmiati sembrano uva passa. “Penso che il vino sia cambiato, che il modo di bere vino sia cambiato e cambierà ancora per il cambiamento climatico, e non possiamo esimerci dal guardarlo negli occhi e guardare le soluzioni”.

Uve dalle vigne di Drink Wines Not Labels

Clima, trattamenti, diserbanti: la colpa di chi?

Sul tema clima, diserbanti e grandi errori per l’ambiente, Salvano racconta per esempio che usare il diserbante probabilmente non è stata un problema del passato, quanto del presente: “Non è certo stata colpa di mio nonno o di altri come lui; qualcuno gli avrà detto ‘usa il diserbante, così eviti di dover tagliare sempre l’erba’ e probabilmente quella è stata per lui una via di fuga da anni e anni di fatica. Per me è impensabile, però, che nel 2023, con le conoscenze che abbiamo, ci siano persone che continuano a farlo. Non riesco a spiegarmi il motivo, soprattutto in aree molto fortunate come queste”.

La rivoluzione di Salvano è locale, gentile, ma al tempo stesso molto potente: quando cerchi di dialogare in modo diverso con i consorzi, di forzare le regole, di allargare il cerchio, devi avere una grande convinzione e delle idee molto chiare. “Il mio progetto vuole portare fuori dei temi su cui ragionare. Per valutare se una cosa che abbiamo sempre fatto sono ancora giuste”.

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