È una domenica di autunno inoltrato, anche se le temperature sono ancora bollenti. C’è chi va a funghi, chi a tartufi e chi invece raccoglie dello zafferano, il bellissimo croco, un fiore bulboso, da cui si ricava una spezie usata in cucina oggi, ma anche per la tintura dei tessuti e in medicina. Dopo essere caduta in declino, la coltivazione dello zafferano, che in Italia ha una lunga tradizione, sta tornando in auge, soprattutto per l’alto posizionamento di mercato che ha la spezia, che può costare anche 30.000 euro al kilo.
Lo zafferano in Abruzzo: una lunga storia
L’Abruzzo è una delle zone storiche di produzione dello zafferano, per via della composizione del terreno, prevalentemente carsico. In particolare lo zafferano cresce e viene raccolto in un conglomerato di 13 paesi intorno al capoluogo, L’Aquila, il cui prodotto dal 2005 è riconosciuto la denominazione di origine protetta (DOP) e sempre nello stesso anno, da un consorzio. I comuni sono Barisciano, Caporciano, Fagnano alto, Fontecchio, L’Aquila, Molina Aterno, Navelli, Poggio Picenze, Prata d’Ansidonia, San Demetrio nei Vestini, Tione degli Abruzzi, Villa Sant’Angelo e San Pio delle Camere. Proprio in quest’ultimo, in occasione della manifestazione “Le vie dello zafferano” assisteremo e parteciperemo a una parte della raccolta del prezioso fiore.
La raccolta manuale dei fiori di zafferano
Si comincia la mattina presto, in realtà all’alba in assenza di luce affinché quest’ultima non faccia aprire i fiori. Il periodo coincide con la fine di ottobre, ad autunno inoltrato. Ma le temperature alte hanno impattato sul volume e la dimensione dei fiori: se avesse piovuto, ci dicono, sarebbero stati grandi il doppio. I terreni, che sono stati lasciati a riposo tra novembre e agosto, in quest’ultimo mese accolgono i trapianti dei bulbi che si apriranno in autunno. Si creano dei solchi tra le file degli impianti, che permettono la raccolta. Il lavoro di raccolta (ma anche quasi tutti gli altri passaggi), vengono compiuti a mano, tirando via il fiore dall’alto. Poi i fiori vengono posti in delle ceste di vimini che si vedono spesso nelle foto di rito. Così come si vedono campi tappezzati di fiori colorati, mentre è più facile che i fiori spuntino in momenti diversi e in giorni diversi.
Sfioritura ed essiccatura dello zafferano
La lavorazione dello zafferano dell’Aquila a questo punto prende una strada tutta sua. I fiori, rigorosamente in giornata, vengono sfiorati (o “capati” come si dice spesso in modo colloquiale, usando un’espressione che si usa anche per ortaggi e legumi), ovvero aperti e privati degli stimmi, i filamenti rossi interni in cui siamo abituati a riconoscere lo zafferano. Di solito sono 3, ma può capitare anche di trovarne 2 o addirittura 6. L’operazione avviene chiaramente a mano, il resto del fiore rimane edibile e non va buttato. È perfetto in insalata. A questo punto gli stimmi vanno essiccati: si mettono su un setaccio (simile a quello della farina) e passati sopra le braci di mandorle e querciolo, dove rimangono per circa 20 minuti. Qui gli stimmi si seccano e si arricciano: è lo zafferano di qualità (non in polvere) che siamo abituati a vedere in barattolo di vetro.
Lo zafferano come attrattore turistico
Una considerazione a latere va fatta in merito al valore che lo zafferano può avere come attrattore turistico del territorio, considerato l’alto prezzo sul mercato e la familiarità con la grande gastronomia italiana. In questa zona in particolare, il prodotto può aiutare zone spopolate e aree interne (il comune di San Pio delle Camere conta, registrate, poco più di 600 anime) a rientrare in circuito di un turismo non aggressivo. Del resto qui è stato così per molto tempo: lo zafferano veniva e viene chiamato “oro rosso” perché il suo prezzo veniva stabilito di pari passo con le aste dell’oro. Grazie allo zafferano, è stata costruita una buona parte dell’Aquila, “qui si producevano diverse tonnellate di zafferano” spiegano a San Pio delle Camere “ora la raccolta in totale non supera i 20 kili all’anno”, una produzione diminuita anche per la difficoltà di produzione e di resa. Resta comunque l’alto valore gustativo di una materia prima trasversale: dai risotti, al pane, ai brodi, il gelato, i dolci. Da usare in ambito domestico o su una tavola importante.