Da cosa si parte e quanto costa fare una buona cantina di un ristorante? Ovviamente tante sono le variabili: il tipo di attività che si vuole costruire, l’identità del luogo, la conoscenza in materia e ovviamente, non da ultimo, il budget che a disposizione. Fare un’ottima cantina è un lavoro dispendioso. Ce lo siamo fatto spiegare da Alessandro Tupputi, sommelier del ristorante La Rei By Michelangelo Mammoliti, a Serralunga D’Alba nelle Langhe. Un locale d’alta cucina con una carta importante che bilancia etichette delle grandi maison e cantine di piccoli artigiani del territorio, quel Piemonte che traspare bene in cantina. “Il costo dipende da cosa si ambisce. Dipende da quante e quali etichette si vogliono inserire in cantina” afferma Tupputi. Sembra un’ovvietà, ma vediamo punto per punto.
Da cosa si parte per costruire una cantina da zero: gli strumenti iniziali
Prima di studiare la composizione delle etichette, per Alessandro Tupputi il primo passo da compiere per una cantina di alto livello riguarda l’impianto di aria condizionata e umidificazione. “Per conservare le bottiglie di vino, la temperatura e l’umidità sono fondamentali. Se la prima deve essere compresa tra i 14°C e i 16°C per i rossi e tra i 6°C e i 10°C per i bianchi e le bollicine, la seconda non deve mai scendere al di sotto del 58%. Altrimenti, i tappi in sughero perdono elasticità, la micro-ossigenazione del vino si altera e le sue caratteristiche organolettiche vengono messe a rischio”. Una cosa non banale visto che la conservazione del vino, soprattutto se si possiedono bottiglie di annata, è fondamentale. Continua Tupputi: “Oltre al sistema di condizionamento, però, c’è un altro importante elemento da tenere in considerazione: la scaffalatura. Per far sì che il sughero non si asciughi e di conseguenza si secchi, le bottiglie devono sempre essere posizionate in modo orizzontale”.
La carta vini: come ci si orienta nella scelta delle bottiglie
Alessandro Tupputi lavora in un ristorante d’alta cucina, e viene da una precedente esperienza a La Madernassa con due stelle Michelin. Il suo lavoro dunque si muove a 360° tra grandi bottiglie, annate importanti, che bilancia con produttori nuovi e originali, prevalentemente del territorio. “Indipendentemente dalla filosofia del sommelier, per avviare una cantina di un ristorante gastronomico di solito si parte dalle bottiglie delle grandi maison. Quelle più pregiate e quindi anche più costose. Poi, una volta che lo scheletro è stato delineato, si può iniziare a dare alla propria cantina una vera e propria identità, aggiungendo vini più vicini alla propria filosofia”.
Per questo Tupputi nella cantina de La Rei che conta 2000 bottiglie, oltre alle verticali di vecchie annate e vini che provengono da territori lontani come Francia, Austria, Germania, Spagna, Georgia, Armenia e Slovenia, aggiunge piccole realtà nazionali e internazionali, che producono dalle 500 alle 30.000 bottiglie ogni anno. “La mia selezione si concentra prima di tutto sulle produzioni del territorio piemontese. In particolare, quello di Serralunga d’Alba. In carta, oltre ai nomi più conosciuti, oggi compaiono anche i piccoli produttori per chi desidera non solo degustare un calice di vino, ma vuole anche scoprire delle storie caratterizzate dalla ricerca e dalla passione”. Inoltre secondo Tupputi non ha nemmeno così senso fossilizzarsi sulla distinzione tra naturale e convenzionale: “Sono dell’opinione che, in una cantina pensata in modo intelligente, ci debba sempre essere equilibrio. Quel che conta è assaggiare. Le proposte sono tutte buone, che siano convenzionali, naturali o biodinamiche”.
La questione delle bottiglie d’annata e degli investimenti immobilizzati
Un’altra questione che sorge sempre quando si parla di grandi cantine di ristoranti è l’immobilizzazione degli investimenti su bottiglie d’annata. Infatti i grandi vini, adatti ai lunghi affinamenti in bottiglia, comportano uno stoccaggio che ritarda nel breve e medio periodo il guadagno: “Acquistare delle bottiglie che non sono ancora pronte a entrare in carta significa fare degli investimenti bloccati, sì, ma anche redditizi. Nella maggior parte dei casi, invecchiando il vino non fa altro che migliorare e quindi acquisire valore e prestigio. In generale, siccome il vino non è un bene che ha un costo fisso, per evitare di avere delle perdite economiche, l’importante è informarsi ed essere costantemente aggiornati. Per questo il consiglio di Alessandro Tupputi è essere attenti ai movimenti del mercato vinicolo e prendere delle decisioni consapevoli e ben ponderate. Lontane così dal rischio e vicine al guadagno. “Io, ad esempio, non acquisto mai 60 o 70 bottiglie di uno stesso vino, ma al massimo 3 o 4. In questo modo, evito di accumulare gli stessi nomi, alterno etichette di annate diverse e do la possibilità ai miei clienti di non annoiarsi mai”.
Il personale qualificato e il rincaro delle bottiglie
In un ristorante come La Rei ovviamente il personale dedicato al vino è fondamentale. “Attualmente in sala siamo in otto. Io e il mio secondo, Emiliano Faoro Svaluto Moreolo, siamo i punti di riferimento per il vino. Anche se gli altri ragazzi sono tutti formati per dare un consiglio o servire, soprattutto nel caso in cui io o il mio collaboratore non fossimo disponibili”. Per Alessandro il personale non è una spesa ma un investimento, che fidelizza i clienti e riesce a incrementare il guadagno del locale con scelte oculate e professionali.
Il ricarico delle bottiglie? “Solitamente va dalle due volte e mezzo alle tre, a partire dal prezzo d’acquisto iniziale. Anche se, più in generale, dipende dalla tipologia di vino e dalle annate. Per quanto riguarda le etichette inserite nelle guide, più hanno un punteggio alto, più il loro rincaro cresce. Mentre, nel caso delle vecchie annate, il guadagno si dilaziona nel tempo. Una bottiglia che costava 100 euro, dopo qualche anno, può arrivare anche a 400 o 500 euro”. Un discorso dunque elaborato e delicato quello della costruzione di una cantina, che in un locale di alta cucina come quello in cui lavora Tupputi può andare dagli 80 ai 100mila euro. “Ma tutto dipende da cosa si vuole costruire. Questa è però secondo me l’ossatura del discorso” conclude Tupputi.