Per molti ma non per tutti, i dolci alcolici sono croce e delizia dei golosi contemporanei. Con il rum, limoncello, maraschino, marsala, alchermes, amaretto: tante sono le essenze alcoliche che irrobustiscono i nostri dessert. C’è chi apprezza la nota vigorosa dell’alcol, chi non riesce proprio a mandarla giù, tanto da segnare uno spartiacque tra i due mondi. L’alcol in cucina ha radici antichissime, utilizzato soprattutto per ragioni di conservazione, e se ben calibrato può caratterizzare una preparazione. In realtà, come spesso ribadito dai migliori pasticceri italiani, l’alcol è un alleato in cucina e se calibrato al millimetro riesce a dare una mano a tanti dessert. Ma quali sono i più famosi dolci italiani preparati per tradizione con l’aggiunta di una parte alcolica? Ve lo diciamo in questa fotogallery.
Perché si usa l’alcol in pasticceria?
Come anticipato, l’alcol in pasticceria si usa a partire dal Medioevo. I dolci riservati ai nobili del tempo infatti erano soliti essere corretti con dosi generose di alcol, che ai tempi aveva una funzione di conservazione alimentare. Non solo nei dessert infatti, con il tempo l’etanolo (la molecola chimica dell’alcol) è entrata con forza nell’industria alimentare moderna. Basti pensare a tutti i prodotti trasformati, come pane e merendine, dove l’alcol è utilizzato per mantenere morbido e conservato il prodotto. Nella pasticceria di oggi l’alcol è una parte fondamentale perché conferisce carattere e “pulisce” molto spesso il palato soprattutto in preparazioni cremose e grasse. Basti pensare al pan di spagna dove la famosa bagna è ancora un passaggio delicato quanto fondamentale, da calibrare attentamente. Ovviamente non è scontata la presenza di alcol in un dolce, anche a causa di nuovi stili di vita, regimi alimentari, abitudini, si è gradualmente diminuito in percentuale il suo utilizzo. Rimane vivo e forte nei dolci regionali, ecco come.
Gli alcolici che si usano in pasticceria
Figli degli anni che furono questi prodotti alcolici videro la propria fortuna soprattutto nel dopo guerra e nel periodo del boom economico italiano. Parliamo dell’alchermes, una preparazione d’origine araba con alcol, zucchero, erbe, aromi, spezie e la famosa cocciniglia (presente anche nel Campari), un colorante che deriva dall’omonimo insetto che tinge di rosa fluo il prodotto. Poi c’è il liquore Strega, celebre marchio di Benevento che nel 1860 iniziò la produzione di questo liquore a base di erbe. Di color giallo intenso si utilizza ancora oggi in alcune preparazioni del sud. Il maraschino viene invece prodotto con le ciliegie marasche che subiscono un’infusione alcolica con acqua, zucchero e altri ingredienti. Simile il kirsch, prodotto nelle zone dell'Arco Alpino e dell'Europa centrale, un’acquavite con ciliegie fermentate. Poi c’è il mitico Marsala, vino liquoroso siciliano, a torto regalato per troppo tempo come mera base alcolica per dolci. Limoncello, sambuca, amaretto, rum, cognac, whiskey: la lista è infinita come infinite le preparazioni che possono seguire.
I dolci regionali alcolici da nord a sud
Non si può non partire dal babà, il re dei dolci alcolici inzuppato nel rum e spesso farcito con crema o panna montata. Dolce tipico di Napoli, il babà al rum in realtà è stato perfezionato in Francia dal re di Polonia Stanislao Leszcynsky, in esilio in Lorena, che volle aggiungere lo sciroppo al rum al dolce tipico della zona. Rimanendo in Campania non si dimentichino le preparazioni con il limoncello: dal semplice sorbetto alla delizia al limone, ricordando pasticceri come Sal De Riso che hanno costruito una fortuna sul questo connubio. L’alchermes risulta essere tra i più usati: come dimenticare la zuppa inglese, o la versione abruzzese della pizza doge con pandispagna inzuppato e alternato a strati di crema. Lo si riconosce dal colore rosso anche nella ciaramicola, tipico dolce pasquale della provincia di Perugia, simile a un ciambellone ricoperto di glassa.
Poi ci sono le pesche, della Toscana nella zona di Prato, ma anche nelle Marche soprattutto in provincia di Ascoli Piceno: due dischi di frolla morbida all’alchermes con farcitura di crema. Sempre in zona un dolce molto curioso è il funghetto offidano: fatto esclusivamente con farina, zucchero, acqua e il mistrà ovvero un’acquavite locale all’anice. Con il vino ricordiamo i celli ripieni, in Abruzzo, dei bocconi di frolla ripieni di marmellata e le famose pere al vino, un piatto della Borgogna impiantato in Italia, soprattutto in Toscana. Con lo Strega è aromatizzata la crema della crostata beneventana, mentre nel bonet piemontese troviamo l’amaretto. Come dimenticare lo zabaione al Marsala, consumato da sempre anche con (dubbio) impiego medicamentoso. Si conclude il viaggio in Friuli con la nota gubana, una ciambella ripiena di frutta secca in cui la grappa diventa ingrediente fondamentale.