Negli ultimi tempi si è sentito molto parlare di pasta in bianco nei ristoranti, soprattutto a Milano, in primis con la ricetta di Diego Rossi che è diventata uno dei piatti iconici di Trippa o quella di Luca Natalini da Autem, ma anche e soprattutto quella di Alberto Quadrio che ha scandalizzato tutti per il prezzo. Ma c’è un altro piatto, per così dire casalingo, con cui si stanno confrontando numerosissimi grandi chef. Stiamo parlando della mitica pasta al pomodoro.
La storia (in breve) della pasta al pomodoro
Lo storico Massimo Montanari ha dedicato un intero libro a questa ricetta tanto semplice quanto complesse sono le sue orini. Il mito delle origini. Breve storia degli spaghetti al pomodoro si pone l’obiettivo di capirne le origini e perché siano diventati un piatto nazionalpopolare. Per arrivare alla genesi di questa ricetta l’esperto parte dall’invenzione della pasta, per la precisione dagli impasti sottili stesi per poi essere tagliati a strisce o fili che realizzavano i persiani 4000 anni fa, passando per le minestre del mondo greco-romano che hanno segnato il metodo di cuocere la pasta nell’acqua, arrivando alla nascita dei primi pastifici in Sicilia.
L’idea? Fu quella di essiccare la pasta per aumentarne il tempo di conservazione (come è successo per tantissimi altri cibi nella storia), di cui i primi promotori furono i musulmani. Il primo documento che attesta l’esistenza di una sorta di industria della pasta secca in Sicilia risale al XII Secolo, e a parlarcene è stato il geografo arabo al-Idrisi, che la chiama itiyya. Così sull’isola inizia il commercio della pasta che inizia ad essere esportata, tant’è che fino al 500 la Sicilia era considerata il centro internazionale della pasta, da cui l’appellativo “mangiamaccheroni” ancor prima che ai napoletani fu attribuito ai siculi. Durante secoli la pasta è stata destinata a lunghissime cotture, fino a quando non nacque l’abbinamento con il formaggio (spesso con aggiunta di spezie dolci come la cannella) che lo rende un piatto principale e non più un accompagnamento. Di qui probabilmente la fortuna dei formaggi stagionati da grattugiare; infatti, il famoso detto “come il cacio sui maccheroni” potrebbe venire proprio da qui.
Poi con la scoperta dell’America arrivò finalmente il pomodoro, che tuttavia ci mise un po’ prima di essere portato sulle tavole perché ritenuto tossico in quanto simile alla melanzana, considerata di difficile digestione e legata ad altre problematiche. Il suo successo però si deve all’invenzione della salsa o conserva, e i primi in questo furono i cugini spagnoli. Tuttavia questi aggiunsero l’aceto che non la rendeva per niente adatta al condimento della pasta, rendendola più simile a un attuale gazpacho. Poi ci volle ancora un po’ di tempo perché si diffondesse l’olio - molto difficile da reperire, per cui venivano usati burro e strutto – e perché venne sottratta la parte di aceto. Alla fine dei conti per mangiare un piatto di spaghetti al pomodoro così come gli intendiamo oggi si deve aspettare l’Ottocento.
Oggi numerosi grandi chef si misurano con la pasta al pomodoro
Per anni è stata una ricetta un po’ accantonata e sicuramente poco presente nei ristoranti fine-dining, fatta eccezione per i mitici Paccheri alla Vittorio dei fratelli Cerea che invece vantano una storia di almeno 5 decadi. Adesso però la pasta al pomodoro sta vivendo un periodo di grande gloria e molto spesso viene presentata come piatto signature da grandi chef. Tra questi c’è Peppe Guida di Osteria Nonna Rosa che lo chiama La Devozione e per realizzarlo usa solo 2 ingredienti, ovvero pomodoro crudo e un filo d’olio, resi cremosi dall’acqua di cottura. Paolo Lopriore de Il Portico invece, la realizza con i tortiglioni e un sugo di pomodoro, cipolla e aglio che viene cotto in una pentola di coccio.
Un piatto così iconico da essere proposto perfino da Mauro Uliassi nel suo ristorante: la Pasta e pomodoro alla Hilde in infuso di foglie di fico, dedicato all’amica e celebre naso dei profumi Hilde Soliani colei che ha suggerito l’utilizzo delle foglie di fico, che in un preciso momento dell’anno contengono le stesse molecole aromatiche del pomodoro. Anche Carlo Cracco ha una sua versione in cui il tocco da maestro sono arancia e maggiorana, mentre Iside De Cesare de La Parolina prepara una salsa di pomodori arrostiti a cui aggiunge foglia di cappero e alici marinate a finire. Caterina Ceraudo di Dattilo li serve freddi, con frutti di mare e tantissime erbe aromatiche, tra cui il dragoncello.
Ma la pasta al pomodoro è di gran moda anche sulle tavole di alberghi di lusso; infatti, Elio Sironi di Ceresio7, propone una versione classica con l’aggiunta di buccia di limone e formaggio di capra. Anche Gennaro Esposito nella cucina del Caruso Nuovo all’interno del Grand Hotel et de Milan propone lo Spaghetto al pomodoro del Vesuvio selezione Gennaro Esposito, mirando alla semplicità e ai sapori confortanti di casa. Mentre c’è chi gioca con diverse e numerose varietà di pomodoro, sono 8 per la precisione quelli che utilizza Francesco Ferretti nella cucina di Scirocco, il ristorante fine dining del nuovissimo albergo La Roqqa a Porto Ercole.