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Giovedì, 28 Marzo 2024
INTERVISTA

Giardino di Giada. Il ristorante cinese di Milano che riporta agli Anni Settanta

Carmen lo ha fondato nel 1979 e Carmen è ancora lì a gestirlo. Intervistandola abbiamo ripercorso la storia d’Italia e del mondo degli ultimi 45 anni. Dalla Sars al Covid, da Tangentopoli alla Milano da Bere

Il Giardino di Giada fa parte di quel gruppetto dei ristoranti cinesi storici di Milano. Ristoranti che hanno anticipato di qualche anno la diffusione massiccia delle trattorie orientali che ha invaso le nostre città negli Anni Ottanta. Si trova in pieno centro, in una stradina ai piedi del Duomo e della bella chiesa di San Gottardo in Corte, un un maestoso palazzo novecentesco. La cucina si avvale di ricette rodate al massimo, che non sbagliano un colpo quanto a golosità pur restando semplici, accessibili, comprensibili. Il menu è lungo e i coperti sono molti nelle sale superiori, all’ingresso invece si trova un’area adibita a bar che potrebbe diventare (o meglio tornare a essere) uno spazio per la vendita di street food per chi non vuole sedersi al tavolo.

Il Giardino di Giada è sempre puntato su un target intermedio: non il classico ristorantino cinese che guarda solo al risparmio e neppure una tavola raffinata e pretenziosa incasellabile come alta cucina orientale. E forse questo bilanciamento ha determinato la sua straordinaria longevità.

Abbiamo intervistato Carmen che da ormai 45 anni gestisce questa insegna e che ci ha raccontato come la sua azienda ha affrontato avventure, sfide e difficoltà in tutti questi decenni.

Carmen quando sei arrivata in Italia?

Il mio vero nome è Sun Jonan e sono arrivata a Milano nel 1979.

Cosa ti ha portato qui?

Al tempo ero l’ultima persona della mia famiglia che ancora non aveva lasciato la Cina per arrivare in Italia…

In quegli anni, però, dopo la trasformazione dello stato in Repubblica Popolare, non era semplice uscire dal Paese...

Ai tempi il Governo cinese non concedeva alcun passaporto a privati cittadini. Mia madre però aveva seguito molte iniziative benefiche e sociali per il Paese e fu proprio per questa motivazione che ottenne il passaporto per andare in Olanda a incontrare i suoi genitori, che erano fuoriusciti dalla Cina quando ancora era consentito farlo liberamente. Insomma mia madre fu, in assoluto, la prima donna arrivata in Europa dalla Cina Popolare.

Di che anni stiamo parlando?

Parliamo del 1959. E come dicevo negli anni successivi altri parenti la seguirono. Mia madre poi si spostò verso Bologna nel 1960, dove fece la sarta e, col tempo, aprì un suo laboratorio di pelletteria.

Fu nel corso degli anni Settanta che pensò di far arrivare le ultime figlie (io e mia sorella) dalla Cina, avendo intrapreso l’apertura di un ristorante.

I ristoranti nel frattempo erano diventati l’attività per antonomasia degli immigrati cinesi in Italia. La nascita del “ristorante cinese”.

Beh, in quel momento si poteva venire in Italia solo con un permesso di lavoro. Ad esempio come cuoco cinese…

Così la famiglia, dopo ben 20 anni, si riunì qui in Italia

Eh già. Mia mamma per aprire il suo ristorante scelse Milano: aprì “la Muraglia” in Piazza Oberdan che divenne un locale di riferimento per i milanesi.

La giovane Carmen all'interno del Giardino di Giada nel 1980

Hai aperto il Giardino di Giada nell'estate del 1980 e oggi è uno dei più storici ristoranti cinesi di Milano. Ma non è il primo: com’era la scena della ristorazione cinese 43 anni fa?

A quell’epoca - 40 o 50 anni fa - il livello della ristorazione cinese era molto alto: in cucina c’erano solo cuochi professionisti che arrivavano da Hong Kong, Taiwan o comunque dall’Asia. La proposta culinaria era prevalentemente di cucina cantonese.

Come hai scelto la zona in cui aprire?

Il Giardino di Giada, dove sono io ora, era un ristorante italiano già esistente ma chiuso da tempo, e perciò veniva offerto a un prezzo piuttosto conveniente. Abbiamo però dovuto aprire in tempi velocissimi, per evitare che scadesse la licenza.

Raccontaci la Milano di inizio Anni Ottanta. Provenendo dalla Cina, cosa ti ha particolarmente colpito?

Devo dire che non ho subito uno shock culturale particolarmente forte, perché i miei genitori e i miei parenti mi avevano già raccontato molto dell’Italia.

Ad esempio?

Ad esempio mi avevano raccontato che esisteva una macchina per aspirare la polvere e che per dimagrire c’era una sorta di marchingegno a vibrazioni…

Ritratto di famiglia con il proprietario del ristorante precedente nel 1980

Altre curiosità?

Mi piacque molto la presenza di tante librerie, anche se purtroppo non capivo la lingua. Mi piaceva la moda Italiana, le scarpe con tacco alto, e anche il clima di Milano, meno caldo e umido rispetto al mio paese in Cina. Rimasi anche colpita dalle auto, c’erano auto da tutte le parti, parcheggiate dovunque.

Qual era allora la proposta gastronomica del Giardino di Giada? Ti ricordi il primo menu?

Inizialmente riproponemmo lo stesso menù de “La Muraglia”, il ristorante di mamma, a cura di uno chef di Hong Kong.

La media di spesa ai tempi?

I clienti spendevano tra le 15 e le 20mila lire.

Con quale target di clientela?

Ricordo che in un primo tempo avevamo tanti studenti dell’università, ma anche impiegati.

Carmen oggi all'interno del Giardino di Giada_Credits Annalisa Cimino

Come hai visto cambiare la città negli Anni Ottanta? Quale è stato l'impatto del mondo del design, del mondo della moda?

Devo dire che il mito della moda italiana era forte già allora: davanti alle vetrine c’erano tanti asiatici che facevano foto, prevalentemente giapponesi. Ma niente cinesi perché, come dicevamo, all’epoca non era permesso uscire dalla Repubblica Popolare. Tutto questo cambiò negli anni Novanta.

In quegli anni arrivò anche Tangentopoli. Cosa è successo?

Fu un periodo molto molto particolare, ma noi non abbiamo mai avuto alcun problema, perché il nostro prezzo era medio e quindi i nostri clienti non erano i politici o l’alta borghesia.

Non sono mancate le crisi, sicuramente con qualche conseguenza sul mondo della ristorazione. Il crollo delle Torri Gemelle nel 2001, la crisi di Lehman del 2008... Anche l'inizio della crisi Coronavirus è stato particolarmente duro per la ristorazione cinese: per alcune settimane siete stati additati come gli untori...

Già, e ti dimentichi il periodo dell’epidemia Sars (nel 2002).

E che successe?

Successe che per 2 mesi praticamente non si lavorò. E effettivamente lo stesso accadde nel 2001 e nel 2008, quando la crisi mondiale ci portò grossi disagi economici.

Poi il Covid…

Che ci ha quasi distrutto, con il fermo dell’attività per più di 2 anni. Ora il lavoro è fortunatamente tornato normale.

Tutto bene quindi?

Eh no.

Perché?

Perché non si trovano più lavoratori del settore: è un grande problema per tutti ristoratori e penso che in futuro la situazione rimarrà così. O forse peggiorerà.

In questi ultimi anni come si è evoluta la vostra offerta gastronomica?

Negli ultimi anni non abbiamo modificato in modo radicale i nostri piatti, ne abbiamo solo eliminati alcuni e aggiunti altri. Visto che è aumentato l’interesse per i piatti piccanti, abbiamo inserito diverse specialità dello Sichuan.

Una delle soddisfazioni maggiori?

Avere così tanti clienti che arrivano da Cina e Asia: apprezzano moltissimo questi sapori, che sono esattamente come li trovano in Cina.

La cucina cinese europeizzata è ormai diventata una sorta di nuova tradizione, un caso di invenzione della tradizione a base di pollo alle mandorle, maiale in agrodolce e gelato fritto. Proponete ancora queste preparazioni? Che storia hanno?

I piatti dell’antica tradizione sono stati modificati per andare incontro al gusto italiano. Ad esempio, la ricetta del pollo con le mandorle in realtà in Cina è il pollo con gli anacardi. Lo teniamo ancora nel menù, ci sono clienti storici che vengono apposta per gustarli.

Però c’è anche una tradizione vera e autentica…

Altroché. Ci sono piatti che hanno più di 800 anni di storia, che noi proponiamo rimanendo fedeli al gusto di un tempo.

L’esempio più emblematico?

La Pancetta del Poeta.

Ne parliamo?

No, perché bisogna venire ad assaggiarla!

Va bene. Allora oltre alla Pancetta del Poeta raccontaci per concludere quali sono gli altri due piatti sul podio tra quelli più amati dai clienti del Giardino di Giada.

Indubbiamente il branzino fresco al vapore in stile cantonese, con lo zenzero. E l’anatra pechinese, presente ogni giorno nel nostro menu. Da quarantacinque anni a questa parte…

 

Il Giardino di Giada

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