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Giovedì, 30 Novembre 2023
Le Storie

L’esperto ci spiega quanto dovrebbe costare un litro di olio buono (no, non 4,99€)

Indra Galbo, capo panel olii del Gambero Rosso, spiega i fattori che compongono il prezzo delle bottiglie che si dovrebbero portare in tavola (e mettere nelle dispense degli chef)

Forse vi sarete accorti che, tra i vari aumenti, quello subito dall’olio extra vergine di oliva sembra vertiginoso rispetto al resto. Non si tratta di bottiglie artigianali, bensì di blend targati Unione Europea o di “semplice” olio 100% italiano. Le etichette recitano prezzi che vanno dai 10 ai 13€ al litro. Quando si va alla ricerca di un prodotto di alta qualità, questa cifra lievita fino a 40€ al litro. Cosa è successo al nostro olio? Perché costa così tanto? Ma soprattutto: quanto deve costare una bottiglia di olio “buono”?

La congiuntura internazionale

Un olio di buona qualità quest’anno costerà di più degli altri anni” spiega Indra Galbo, esperto sul tema e capo panel olii del Gambero Rosso “L’origine di questi aumenti sta in una particolare congiuntura internazionale, segnata dal secondo calo produttivo in due anni della Spagna, primo produttore di olive e olio al mondo. Inoltre, sia Marocco che Turchia hanno bloccato le esportazioni di olive e olio sia per rispondere alla domanda interna sia per reimmettere il prodotto sul mercato a un prezzo più alto rispetto a quanto lo si acquisterebbe ora”.

La situazione sugli scaffali

Oggi una bottiglia di olio evo da blend di prodotto della Comunità Europea costa circa 10€ al litro. Se si sceglie dell’olio 100% italiano, si pagherà un prezzo compreso tra i 12 e i 13€ euro al litro, prezzi sotto queste cifre potrebbero mettere seriamente in allarme. Ma quando si parla di olio di qualità, i prezzi raddoppiano. “In media una bottiglia da 500 ml costava tra i 20 e i 40€ al litro. Tuttavia, chi opta per un olio di qualità è già abituato a spendere alte cifre per questo alimento. Mentre la crisi dei pressi riguarda il consumo di massa e chi preferisce prodotti sottocosto da supermercato”.

Una bottiglia d'olio

Come si compone il prezzo di una bottiglia di olio

Il primo fattore che influenza il prezzo di una bottiglia di olio di alta qualità è la zona di provenienza. “A parità di qualità, un olio del Garda costerà molto di più di un olio pugliese perché c’è meno prodotto in quella zona. Inoltre, per lo stesso motivo, le attività di un frantoio del Garda sono più costose rispetto a quelle di un’azienda del Sud”.

Poi c’è il lavoro in campo. Per produrre un olio di qualità bisogna portare in vasca olive sane, non completamente invaiate, il che richiede un’alta attenzione in campo e personale esperto per la raccolta. Inoltre, le lavorazioni scrupolose fatte in frantoio interessano lavaggio e controllo della temperatura di estrazione in ogni fase. In più, l’olio di qualità si fregia anche di certificazioni territoriali come Dop e Igp, che richiedono operazioni burocratiche e quindi investimenti economici. Se sulla bottiglia si legge anche la certificazione biologica, ciò racconta di trattamenti attenti e maggiori rischi affrontati in campo, oltre alle spese necessarie per ricevere tale riconoscimento.

Il costo di tutto: dalla goccia d’olio alla bottiglia

Anche il packaging ha il suo peso. “Molto spesso questi oli vengono messi in bottiglie di vetro molto scuro, con tappi anti-rabbocco, il cui costo va a influire sul prezzo finale”. Anche l’etichettatura conta. Infatti, vengono usati materiali anti unto per preservare la maneggevolezza della confezione. Infine, c’è il marketing, che ha un costo. “Se la grande industria olearia fa una grande campagna pubblicitaria, il suo costo viene recuperato per intero grazie alle vendite. In un’azienda agricola di dimensioni ridotte, il marketing rappresenta un investimento, non sempre rimesso in equilibrio dalle vendite”.

Quale olio scegliere?

Quando si tratta di scegliere l’olio da portare a tavola, il consiglio è di investire su prodotti “che non lascino il palato sporco e unto. In bocca devono restare delle note erbacee, fresche” e di affidarsi a indicazioni chiare e fornite da esperti del settore “Invece, per chi vuole sperimentare abbinamenti nuovi, si consiglia di usare un fruttato delicato, che ben si sposa con insalate e crudi di pesce o carne, e un fruttato più intenso per piatti strutturati come zuppe di legumi, carni rosse o pesce al forno”. E se il consumatore comune può “scivolare” sulla scelta a basso costo, ciò non vale per chef e ristoratori. “Nelle cucine si deve conoscere l’evo di qualità e investire su di esso”.

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