La fotografia di un paese inquieto è quella scattata dal nuovo rapporto Coop sui consumi e gli stili di vita italiani di oggi e domani. Così si inquadra il 30% degli intervistati, praticamente un italiano su tre. A pesare sono un’infinità di fattori: la guerra, la pandemia, la crisi climatica, l’inflazione galoppante, la mancanza di un lavoro sufficientemente pagato. Pur essendo assenti sentimenti di odio, rabbia e rancore sociale, gli italiani sono sempre più preoccupati per il contesto in cui vivono e questo impatta in modo determinante sull’atteggiamento con cui mettono mano al portafoglio e scelgono di alimentarsi.
Inflazione alimentare e calo dei consumi
In questo senso i dati sono schiaccianti: come riporta Coop, nel primo semestre del 2023 c’è stata una flessione del -3% degli acquisti e si prevede che possa proseguire anche nel 2024. L’inflazione alimentare è stata molto forte, tanto che il 72% dei manager del settore ritiene non tornerà sotto il 2% prima del 2025. Il primo impatto è su beni al di fuori della spesa, per esempio le compravendite immobiliari, le auto, i beni tecnologici, ma poi si arriva anche allo scaffale e alla dispensa. Così la spesa diventa più frequente, l’attenzione al risparmio supera anche la fidelizzazione, discount e MDD volano.
La rinuncia all’identità alimentare e alla dieta mediterranea
E visto che la fatica di vivere dignitosamente incalza, a farne le spese è anche l’identità alimentare di buona parte degli italiani; 1 su 5, “soprattutto baby boomers e lower class”, dichiara di aver perso ogni riferimento identitario abbandonando anche i dettami della cultura tradizionale, del territorio, delle tipicità. Una deriva che potrà continuare nei prossimi mesi e metterà in discussione il concetto di alimentazione italiana e dieta mediterranea, a partire dal consumo di frutta e verdura (-15,2% il consumo negli ultimi due anni e per il 16% degli italiani si ridurrà ancora). Alla faccia di quanto aveva sostenuto il ministro dell’agricoltura e la sovranità alimentare Lollobrigida, secondo il quale “i poveri mangiano meglio dei ricchi”.
Cibo salutare, vegetale e con poco zucchero
Per chi può permetterselo, anche in numeri di nicchia, crescono e si fanno sempre più forti alcuni trend legati al consumo consapevole o salutistico: per esempio le vendite dei prodotti plant-based fanno registrare un +9% anno su anno, i prodotti sugar free battono tutti i free from) mentre tra gli intervistati il 15% dichiara che nei prossimi 12/18 mesi farà uso di prodotti senza o con poco zucchero. C’è anche una crescita alimenti proteici e prodotti healthy, per esempio alimentazione sportiva, frutta secca e bevande salutistiche, e un buon numero di persone che si dichiara interessato a utilizzare la propria dieta per mitigare gli effetti negativi del cibo sull’ambiente. Oggi, 5,1 milioni di italiani dichiarano di alimentarsi a spreco zero, 2,8 si definiscono reducetariani e 1,4 sono i cosiddetti climatariani (ovvero coloro che usano prodotti a basso impatto C02). A farne le spese è soprattutto la carne, il 39% del campione dichiara di essere disposto a ridurne il consumo.
Il cieco ottimismo degli italiani: un segnale ambivalente
Sotto il punto di vista psicologico, nonostante il quadro presentato c’è da fare un’ulteriore precisazione: negli italiani permane una sorta di cieco ottimismo. “La fotografia scattata dal Rapporto Coop 2023 è quella di un Paese certamente inquieto (il 30% si dichiara tale, +6% sul 2022) e dove crescono i timori (dal 20% al 32%), ma che complessivamente vede rafforzarsi i sentimenti di fiducia (36%), serenità (29%), accettazione (23%) e aspettativa positiva (28%). Un ostinato, pacato, ottimismo che costituisce certamente uno dei grandi punti di forza del sistema Paese ma che al contempo pone interrogativi circa la sua sostenibilità futura e la possibilità che in realtà si stiano incubando reazioni al momento sopite”.