“Ti voglio bene non spararmi a vista / Non c’entro niente no con quella rissa / Lo voglio completo con l’harissa” canta Ghali nella sua canzone Hasta la Vista, richiamando uno dei condimenti più famosi di tutto il nord Africa, in particolare della Tunisia, da dove arrivarono i suoi genitori prima di stabilirsi a Milano dove sarebbe nato nel 1993.
Harissa, una storia d’amore con la terra
Ma questa è musica, la cucina è altra storia, anche se quando si parla di harissa i confini tra cultura, terra, persone e cibo diventano labili, e si mescolano in un colore rosso acceso fuoco. È quello dei peperoncini pestati con aglio, olio, sale e qualche spezia. Se ne ottiene una crema con diversi gradi di piccantezza, oliosa, che unge i prodotti che diventeranno inevitabilmente piccanti e rossi anche loro. Pesce, uova, formaggio, carni, verdure: di tutto. Citando di nuovo Ghali, nel 2022 insieme a McDonald’s il cantante ha lanciato un panino con la sua Jimmy Hot Sauce, una salsa che richiama l’harissa ma forse utilizza un nome più occidentale per ragioni commerciali. Anche se, in Italia, ormai l’harissa la conoscono in tanti. Soprattutto perché è una delle salse che si mette dentro il kebab.
Unesco premia Harissa
Nemmeno un mese dopo l’uscita di quel panino, Unesco avrebbe sancito la gloria dell’harissa nel mondo nominandola, insieme alla baguette, nella lista dei beni patrimonio immateriale dell’umanità. “L’harissa è parte integrante delle disposizioni domestiche e delle tradizioni culinarie e alimentari quotidiane della società tunisina. Di solito viene preparata dalle donne in un contesto familiare o di vicinato conviviale e festoso” si leggeva nella spiegazione. Di solito si prepara facendo essiccare i peperoncini coltivati sempre in questa terra al sole e all’aria. Verranno poi passati nel mortaio o nel tritacarne e lavorati a mano. Un lavoro che renderà ogni harissa diversa, ogni grado di piccantezza del tutto identitario. “Le conoscenze e le competenze relative alla coltivazione del peperoncino vengono trasmesse all'interno delle comunità di agricoltori o attraverso scuole e istituti di agronomia” spiega Unesco.
Come usare l’harissa in cucina
Nel tempo poi si sono diffuse versioni commerciali dell’harissa, ed è possibile trovarla anche in polvere, per chi maneggia poco la pasta fresca. Anche una piccolissima quantità può bastare a dare personalità e vigore a un piatto. L’origine viene rintracciata in Tunisia, anche se viene utilizzata in tutti i paesi del Maghreb, ovvero quelli dell’Africa del nord (anche Marocco e Algeria ad esempio). L’etimologia va ricondotta alla parola araba “harasa”, che significa “pestare”, in riferimento al processo di lavorazione.
Non c’è nessuna ragione per cui questo ingrediente non possa essere utilizzato anche nella cucina italiana, per esempio con la pasta o con le carni. L’attrice Drew Barrymore ne ha preparata una versione con spaghetti, pomodorini e peperoncino in fiocchi. Un’idea sarebbe quella di impiegarla in una pasta aglio, olio e peperoncino alla romana o in un’arrabbiata in salsa fusion. Oppure meglio attenersi alle origini del piatto, facendo come ha fatto Bruno Barbieri, un’aggiunta alle uova Shakshuka.