La storia del bacalà alla vicentina, che si basa peraltro su un piccolo equivoco linguistico, è antichissima, tanto da avere quasi il sapore della leggenda. A comprovarne la validità però, c’è anche un monumento all’esploratore che fece da ponte tra due mondi: l’Italia e la Norvegia. Il suo nome è Pietro Querini, la sua origine veneziana.
Quando lo stoccafisso (bacalà) arriva dalla Norvegia in Italia
Nel 1431 Querini cercava di raggiungere le Fiandre per aprirsi a nuovi commerci. La nave su cui viaggiava fece naufragio l’anno successivo su un isolotto coperto di neve vicino al circolo polare artico, gran parte dell’equipaggio morì e il restante – 16 persone - si adattò come meglio poté per sopravvivere. Fortuna volle che i dispersi fossero accolti dalla popolazione locale, da cui appresero che qui il merluzzo veniva essiccato all’aria per diversi mesi diventando durissimo. Lo chiamavano “stockfiss” e Querini lo riportò in Italia dove cominciò a diffondersi la sua conoscenza. Nella provincia di Venezia (da cui veniva) e in particolare a Vicenza, l’uso di mangiare il pesce essiccato fu ritenuta una valida alternativa al costoso pesce fresco e quindi prese straordinariamente piede, diventando un piatto simbolo della zona.
Bacalà e non stoccafisso: ecco perché
Se da una parte la storia è questa, dall’altra le vicende legate alla ricetta sono molto meno certe. Quello che sappiamo è che a Vicenza il piatto locale si scrive con una sola c, “bacalà”, e non baccalà. Questo perché per i vicentini (e i veneti) era più semplice parlare di bacalà invece che di stoccafisso, ma in realtà era al secondo che facevano riferimento, utilizzando sempre la grafia e la pronuncia che per loro era più consona, quella con una sola “c”. Come sappiamo il pesce di base è lo stesso, in questo caso il merluzzo Gadus morhua, dell’ordine dei Teleostei, dal colorito verdastro o bruno, con macchiette gialle sul dorso e una linea laterale bianca su tutto il corpo, ma in un caso il merluzzo viene conservato sotto sale (baccalà) nell’altro viene essiccato (stoccafisso).
La ricetta codificata del bacalà di Vicenza
La ricetta del bacalà alla vicentina, come abbiamo anticipato, non ha un’origine precisa. Di base lo stoccafisso viene pestato, poi messo a bagno nell’acqua affinché si ammorbidisca, poi passato nella farina e cotto sul fuoco con cipolla, latte e olio. Infine viene servito su un piatto insieme alla polenta gialla. La ricetta è stata istituzionalizzata dalla Venerabile Confraternita del Bacalà alla Vicentina, nata a Sandrigo nel 1987 quando si temeva che l’antica preparazione, passata di generazione in generazione, si perdesse.
Il procedimento ufficiale dunque è il frutto di numerose comparazioni tra le ricette delle trattorie e dei ristoranti della zona negli anni ’30 e ’40 “senza demonizzare le varianti attualmente in servizio”. Infatti spiegano dalla Confraternita: “Nella fantasia che l’arte della gastronomia sviluppa, le varianti sono moltissime. C’è chi lega i tranci di sviluppo a rotoli, chi nega l’abbondanza dell’acciuga e della cipolla ottenendo un piatto più delicato ma meno saporito, chi abbonda nel latte schiarendo l’aspetto del piatto, chi l’aglio lo trita e chi lo estrae intero a mezza cottura, chi ritiene indispensabile quattro o anche cinque ore di lenta cottura, chi tre soltanto, chi i tranci di merluzzo li passa nella farina e chi no”.
La festa del Bacalà alla vicentina: l’evento più atteso
Vero momento di punta della celebrazione del piatto è la festa del Bacalà alla vicentina, organizzato dall’attivissima Pro Sandrigo, la pro loco di un piccolo comune, Sandrigo, con poco più di 8.000 abitanti in provincia di Vicenza. Fondata nel 1953 da un gruppo di giovani, ha messo in piedi un’opera infaticabile di promozione del territorio tramite eventi, tra cui il Festival della Canzone Veneta che negli anni d’oro ha ospitato Mike Buongiorno, Pippo Baudo, Gigliola Cinquetti e Giorgio Gaber.
La festa del Bacalà è arrivata nel 1987 (lo stesso anno in cui è stata istituita anche la Confraternita) e ci ha messo un po’ di anni per farsi conoscere. Il maggior punto di orgoglio dell’evento locale è quello di avere un filo diretto con le Isole Lofoten in Norvegia, in particolare con il piccolo comune di Røst, con cui Sandrigo è gemellata, dove viene pescato lo stoccafisso utilizzato nella preparazione del piatto locale. Negli anni i cittadini di Røst hanno dedicato un isolotto ai loro gemelli, l'Isola di Sandrigo (Sandrigøya), mentre nel paese vicentino una piazza è stata dedicata a Røst. Non solo: dal 2022 la Festa ha messo in piedi una collaborazione con il Torrfisk Fra Lofoten IGP, il Consorzio per la tutela dello Stoccafisso di Lofoten Igp affinché sia l’unico utilizzato nella preparazione delle ricette della manifestazione. Insomma un evento da non perdere. Ecco la ricetta della Confraternita:
Ingredienti per 12 persone:
Kg 1 di stoccafisso secco
gr. 250/300 di cipolle
1/2 litro di olio d’oliva extravergine
3 sarde sotto sale
½ litro di latte fresco
poca farina bianca
gr. 50 di formaggio grana grattugiato
un ciuffo di prezzemolo tritato
sale e pepe
Preparazione
Ammollare lo stoccafisso, già ben battuto, in acqua fredda, cambiandola ogni 4 ore, per 2-3 giorni. Aprire il pesce per lungo, togliere la lisca e tutte le spine. Tagliarlo a pezzi. Affettare finemente le cipolle; rosolarle in un tegamino con un bicchiere d’olio, aggiungere le sarde sotto sale, e tagliate a pezzetti; per ultimo, a fuoco spento, unire il prezzemolo tritato. Infarinare i vari pezzi di stoccafisso, irrorati con il soffritto preparato, poi disporli uno accanto all’altro, in un tegame di cotto o alluminio oppure in una pirofila (sul cui fondo si sara’ versata, prima, qualche cucchiaiata di soffritto); ricoprire il pesce con il resto del soffritto, aggiungendo anche il latte, il grana grattugiato, il sale, il pepe.
Unire l’olio fino a ricoprire tutti i pezzi, livellandoli. Cuocere a fuoco molto dolce per circa 4 ore e mezzo, muovendo ogni tanto il recipiente in senso rotatorio, senza mai mescolare. Questa fase di cottura, in termine “vicentino” si chiama “pipare”. Solamente l’esperienza saprà definire l’esatta cottura dello stoccafisso che, da esemplare ad esemplare, può differire di consistenza. Il bacalà alla vicentina è ottimo anche dopo un riposo di 12/24 ore. Servire con polenta.