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Venerdì, 29 Marzo 2024
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Vino in lattina. Sacrilegio o praticità?

Non più bottiglie ma alluminio: è un boom duraturo o un fenomeno destinato a durare un tiro di linguetta? Facciamo il punto sul vino in lattina, tra pregi e difetti

“Il vino in lattina, che orrore!”: un’esclamazione questa che ormai appartiene al passato. Sdoganata soprattutto sui mercati vinicoli del Nuovo Mondo, la lattina ha cominciato a fare breccia nelle scelte di molti produttori di vini premium anche nel Vecchio Continente, Italia compresa. Numericamente il fenomeno non è ancora così rilevante e persiste più di qualche dubbio sul fatto che possa diventare un segmento commerciale interessante. Di certo, interessanti sono le scelte che spingono alcuni imprenditori del vino a adottare questo contenitore per i loro prodotti.

Ma partiamo innanzitutto dalle cifre. Secondo Grand View Research, società americana di consulenza e di ricerche di mercato, lo sviluppo dei vini in lattina è destinato a crescere – nel periodo preso in considerazione dal 2021 al 2028 - di un 13,2%, affermandosi, per la fine del decennio, su un volume di affari pari a 570 milioni di dollari (non moltissimo rispetto all'intero mercato vinicolo mondiale, stimato in 424 miliardi di dollari l'anno, ma è un sottosettore in forte crescita). A tirare la volata sono i vini frizzanti che continuano a rappresentare la fascia meglio rappresentata. I cosiddetti “canned wines” vanno bene in Nord America (can in inglese è la lattina), ma è soprattutto l’Asia a rappresentare il mercato potenzialmente più in espansione. L’acquisto avviene soprattutto nella grande distribuzione, ma il futuro parla la lingua dell’e-commerce, con gli acquisti online in rapida crescita (tutti i dati qui).

In principio fu 8 e ½, il vino italiano in lattina degli Anni ‘80

Tre tipologie di vini in lattina di Donelli

In Italia potremmo parlare di un “ritorno al futuro” perché negli Anni ’80 c’era già stato un tentativo, anche ben riuscito, di inlattinare – questo il termine tecnico – il vino. Lo fece la Cantina Giacobazzi, realtà del Modenese, che nel 1982 lanciò 8 e ½ - con riferimento al grado alcolico - un rosso e un bianco frizzante in lattina. Il prodotto piacque, ma, come spiega Alberto Giacobazzi, amministratore delegato e responsabile commerciale Italia Donelli Vini, furono le difficoltà burocratiche a far scemare l’entusiasmo: a quanto pare il Ministero dell’Agricoltura dell’epoca non rinnovò infatti i permessi per l’inlattinamento. Oggi il lavoro di quella che fu la Giacobazzi continua con il Gruppo Donelli Vini che, su un fatturato di circa 30 milioni di euro, trae il 6% dei ricavi dalla vendita di vino in lattina. Parliamo soprattutto di Lambrusco e di vini frizzanti in generale, ma la Donelli ha investito anche in vini fermi come lo Chardonnay.

Le lattine di Cantine Sgarzi

Altra realtà emiliana è la Cantina Sgarzi Luigi che nel vino in lattina crede dal 2002, tanto da realizzare 13 milioni di pezzi l’anno che equivalgono al 15% del fatturato aziendale. Anche qui, vini frizzanti in primis, ma anche fermi con alcune denominazioni IGT come il Terre di Chieti, sia in versione bianca che rossa e che piacciono molto ai mercati esteri. In particolare, il Moscato italiano in lattina ha conquistato Giappone e Corea del Sud. Parlando di vini premium, tuttavia, la cantina Sgarzi ha fatto di più, con il progetto Villa Francesca Merlot Italia: 250 ml di vino rosso fermo ottenuto da uve Merlot che raggiunge i 15 gradi alcol. Un vino che – assicura la titolare Francesca Sgarzi – anche dopo due anni risulta ancora integro.

Alla conquista di Millennial e Generazione Z

Le lattine di Zai Urban Winery

La premiumizzazione dei vini in lattina sarebbe la regola aurea di chi crede in questo contenitore: vini di qualità, sostenibilità, packaging giovanile e accattivante alla conquista di quei segmenti – Millennial e Generazione Z – che paiono poco interessati al vino e al racconto che se ne fa. In questa idea sta investendo ZAI, azienda veronese che si è dedicata totalmente all’inlattinamento del vino puntando su uve del territorio come Glera, Moscato giallo, Corvina, Cabernet e Merlot. In più può vantare lo standard Equalitas, la certificazione di sostenibilità assegnata da Valoritalia in campo viticolo e la scelta vegana per i prodotti. Al resto ci pensa la comunicazione: ogni lattina, infatti, è dedicata a un personaggio, un po’ eroe dei fumetti, la cui storia può essere seguita sul web e sui social dell’azienda.

Maggiore praticità non vuol dire vino cattivo

Uno dei claim della particolare cantina veneta Zai è “ottimo per due calici”. La quantità di vino presente in una lattina – 200 o 250 ml di solito – è una delle leve di vendita del prodotto e ha molto a che fare con il cambio di costumi e abitudini prevalsi nel periodo pandemico e post pandemico: consumo tra le mura, acquisti online, grado alcolico più basso, un uso moderato dell’alcol legato ai concetti più estesi di salute e benessere. E poi una confezione “individuale” garantisce maggiore sicurezza di igiene.

Sono tutti fattori che compaiono in una ricerca di qualche anno fa effettuata da Robert L. Williams, fondatore di WICresearch.com, società specializzata sul segmento dei vini in lattina. A distanza di qualche tempo le sue considerazioni sembrano essere ancora valide. Innanzitutto, sono diverse le situazioni di consumo: il vino in lattina si trova nelle feste all’aperto, come in spiaggia, nei parchi, in piscina, in barca a vela. Il tirar via una linguetta è di certo più semplice che usare un cavatappi. Tuttavia, la praticità non è al primo posto nelle motivazioni di scelta – è infatti quarta secondo l’indagine – mentre pare che contino molto di più il gusto e la qualità della bevanda, a dimostrazione del fatto che in un pubblico giovane, con meno retaggi culturali legati al consumo del vino, l’idea della lattina non inficia la bontà del contenuto.

L’alluminio è un materiale riciclabile all’infinito

Altra leva positiva nella comunicazione dei vini in lattina è quella della sostenibilità. L’alluminio è riciclabile all’infinito, tant’è che l’85% del materiale utilizzato nel mondo proviene dallo stesso riuso e richiede un dispendio energetico pari al 5%, a fronte del 40% per la plastica e del 10% per il vetro. Inoltre, questo contenitore pesa poco, occupando poco spazio di stoccaggio e rende meno impattante l’inquinamento dovuto ai trasporti. Così come per le altre bevande, l’interno delle lattine da vino viene ricoperto con uno strato protettivo per evitare che il liquido vada a contatto diretto con l’alluminio. Qui, tuttavia gli strati diventano quattro, rispetto all’unico utilizzato per le bevande analcoliche.

Inoltre, il vino destinato alle lattine deve avere bassi livelli di SO2, (i famosi solfiti) – il che spiega il motivo di un consumo per lo più veloce di questo prodotto. Di conseguenza, la poca anidride solforosa presente nei vini in lattina rende questi più “naturali”. Come specifica Enartis, brand internazionale nel settore dei prodotti enologici e dell’assistenza tecnica, non tutti i vini sono adatti alla lattina. Abbiamo già detto del rivestimento per evitare che il vino corroda l’alluminio (essendo un liquido con un pH e un’acidità importanti). Va da sé che, se un vino è destinato a essere contenuto in una lattina, la scelta va fatta a monte, in modo da utilizzare le appropriate tecniche enologiche in fase di vinificazione.

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