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Venerdì, 29 Marzo 2024
Territorio

Le Virtù Teramane. Il piatto abruzzese perfetto per il 1° maggio

Una preparazione lunghissima e complessa: più di 50 ingredienti, tutti di stagione e con la logica del riutilizzo. Ecco cosa c’è dietro questa antica ricetta abruzzese, che festeggia l’arrivo bella stagione

Le virtù teramane sono un piatto tipico di questa zona dell’Abruzzo, simbolo di un territorio e testimone della vita di questa gente, da decenni. Abruzzo forte e gentile, diceva lo scrittore Primo Levi, espressione che si può leggere anche in questa ricetta: robusto come le montagne degli Appennini e allo stesso tempo avvolgente, come i suoi abitanti. Le virtù teramane sono una specialità gastronomica che è racconto di questa terra contadina, più di qualsiasi altra ricetta. Una ricchissima minestra di primizie di stagione, un piatto che è simbolo di quella stagionalità così sbandierata oggi, sintesi del lavoro agricolo e delle sue fatiche. Le virtù resistono al tempo e arrivano anche oggi sulle tavole dei teramani, il 1° maggio, data simbolica e dai molteplici significati. Tante le famiglie che la mangiano a casa, tanti i ristoratori che propongono questa preparazione, ma solo per pochi giorni. Ecco cosa sono le virtù teramane, la cui ricetta vanta anche la regolamentazione in un disciplinare.

Le Virtù Teramane, dalla cucina de Il Bacucco d'oro

La storia delle Virtù Teramane

Piatto contadino e popolare, sintesi di parsimonia e buon uso degli ingredienti locali, la storia delle virtù si perde nella notte dei tempi. Si pensa che venga fatta proprio il 1° maggio per celebrare la fine dell’inverno e l’inizio della stagione più calda: infatti un tempo il 30 aprile era considerato il momento a cavallo tra questi due periodi, quindi data importantissima ai fini del raccolto. Secondo il calendario contadino, sensibile ai cicli della natura, in questa data le famiglie del luogo festeggiavano l’estate, dunque un rito quasi pagano e propiziatorio per l’abbondanza e la fertilità della terra. E perché si chiamano virtù? Chiaro rimando al mondo cristiano e alle sue sette virtù, leggenda narra che a tal proposito dovevano essere preparate da sette vergini, in sette ore, con sette aromi, sette carni, sette legumi e così andando avanti. Molti invece fanno risalire al nome alla virtuosità delle massaie e alla loro attitudine a non buttar via niente, riutilizzando tutto dalla propria dispensa. Recenti studi hanno invece sottolineato una somiglianza ancora più antica con le virtutes romane: si pensa infatti che i romani il 1° maggio celebrassero la terra e il raccolto, soprattutto le provviste di cereali invernali.

La ricetta delle Virtù Teramane

Le virtù sono una ricetta povera e autentica, simbolo di parsimonia dove niente si butta ma tutto si riusa e ricicla. Un piatto non facile da fare, che può contare anche fino a 50 ingredienti e per il quale sono necessarie tantissime ore di preparazione e cottura. A tal proposito parliamo con Francesco Santarelli, proprietario del celebre ristorante Il Bacucco d’oro a Mutignano in provincia di Teramo: “Le virtù sono il risultato dei rapporti con l’agro romano dovuti alla transumanaza, attività di grande importanza in Abruzzo. La ricetta è complessa, ricca di numerose varietà di legumi secchi, quelli che rimanevano nella dispensa dopo il lungo inverno, fagioli, lenticchie, ceci e cicerchie, poi i legumi freschi portati dalla primavera, fave e piselli, ancora il grano ed il mais, unitamente ad un'ampia varietà di verdure novelle e profumate, il tutto impreziosito da un battuto di lardo vecchio, aglio e cipolline fresche. Tra le verdure e le erbe: zucchine, carciofi (meglio se indorati e fritti), papavero, scrippigni, borragine, finocchio, misericordia, rapunzoli, issopo, piscialletto, millefoglie, gene piglio, erba cardellina, santoreggia, maggiorana. Poi c’è il brodo di carne, in origine preparato con osso di maiale leggermente rancidito e qualche cotica, preventivamente cotta nel pomodoro per renderla più delicata nel sapore. Ma non è finita qui, a parte si prepara della pasta fatta in casa con acqua e farina, i maltagliati, si cucinano in acqua bollente e si aggiungono alle virtù”. Al Bacucco d’oro vengono realizzate da sua madre, Isolina Petrini, che ricorda anche il momento della “provatura” tradizionale: “Una volta si portavano le pentole in giro tra le famiglie di zona e si faceva assaggiare la propria versione di Virtù. Ognuno ha la propria ricetta”.

Il disciplinare delle virtù teramane e una voce fuori dal coro

Un piatto anche divisivo, proprio per la sua natura di ricetta strettamente familiare e locale, che negli anni ha visto crescere campanilismi e faide bonarie tra ristoratori della zona. Anche a questi fini e per preservare l’essenza della ricetta, un gruppo di ristoratori e ricercatori storici hanno stilato un disciplinare di questo piatto, riconosciuto anche dal Ministero dell’Ambiente e delle Politiche forestali. Francesco si pone come un outsider a tal proposito e ci spiega anche il perché: “Le virtù sono una ricetta familiare, ognuno ha la propria. Per questo sono contrario a renderla così stretta in un disciplinare. I motivi sono svariati: a volte non ci sono tutte le verdure, e non è possibile per aderire ciecamente al disciplinare andare dall’ortolano prendendo tutti gli ingredienti. Le Virtù nascono dall’approvvigionamento spontaneo, tutto deve trovarsi nel raggio di pochi chilometri ed essere raccolto a mano, come faccio io. A volte la natura offre delle cose a volte no”. Un piatto che ha bisogno di tempo e pazienza, anche da questo punto di vista. Non resta che scegliere dove prenotare a Teramo e dintorni, per provare un piatto che è simbolo di una terra e che merita di essere sempre di più conosciuto.

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