Mentre l’estate italiana era infuocata dal dibattito intorno al sovrapprezzo di un toast tagliato a metà, a Singapore gli abitanti facevano la fila per accaparrarsi la loro merenda quotidiana. Nei negozi e nei centri commerciali, tantissimi e con aria condizionata esagerata, si attende religiosamente di mettere le mani su due fette di pane farcite e croccanti e un caffè. È il kaya toast e per i turisti è uno strano oggetto da osservare, anche se è innegabile: è la merenda e la colazione simbolo di Singapore.
L’origine cinese del kaya toast
L’origine va cercata all’interno degli ambienti coloniali, in particolare i primi a prepararlo a Singapore sarebbero stati dei cuochi di Hainan, una provincia della Cina meridionale, perché quest’ultimi avevano preso familiarità con gli inglesi all’utilizzo di fette di pane con marmellate e confetture, di difficile reperimento a Singapore. Le avrebbero quindi sostituite con la kaya, una crema di cocco, una sorta di burro a base di latte di cocco, uova e zucchero che si può acquistare in barattolo. Il kaya toast viene preparato con due piccole fette di pane quadrate e tostate, farcite di kaya e solitamente accompagnate da due uova bollite e un caffè particolare.
Ya Kun Kaya Toast e la storia dei caffettieri Hainan
A diffondere la moda del kaya tanto da farlo diventare un’abitudine consolidata nell’alimentazione locale, sarebbero state alcune insegne hainanesi, una tra tutte Ya Kun, che serve il kaya in diverse varianti (come si usa un po’ ovunque) a partire dalla preparazione base. Tutto è cominciato con un chiosco che vendeva caffè nel 1944, fondata per mano di un migrante di Hainan, Loi Ah Koon arrivato a Singapore all’età di soli quindici anni.
La storia dell’attività racconta che Ah Koon, partito praticamente dal nulla, cominciò nella sua bancarella non solo a vendere kaya toast, ma anche a tostare il suo caffè sulla legna nel retro del chioschetto. Dopo aver spostato il banchetto diverse volte, l’attività è finita nelle mani dei figli ed ora è un vero e proprio franchising. Non è l’unico chiaramente a vendere il kaya toast, un altro particolarmente apprezzato e presente in molti centri commerciali, dallo stile più fresco e contemporaneo, è Toast Box.
Il caffè Kopi, l’acqua bollente e lo zucchero
“Kopitiam” è il nome che si dà alle caffetterie di alcune zone dell’Asia, così “kopi” è il caffè più diffuso a Singapore e servito insieme al kaya toast. Colpisce tantissimo la preparazione a vista, che si può ammirare praticamente in ogni negozio che lo serve, compreso Ya Kun Kaya Toast. Come riferiscono alcuni torrefattori, i chicchi di caffè vengono tostati e poi passati insieme con lo zucchero, il caffè che ne deriva sarà addizionato di acqua bollente e passato da una caffettiera all’altra in modo molto scenografico, solo dopo essere stato filtrato attraverso una sorta di colino di stoffa. A questo caffè poi viene aggiunto anche latte, latte condensato o zucchero a piacimento una volta in tazza. La cosa più stupefacente è che venga realizzato il processo interamente a mano nuda a contatto con acqua e superfici bollenti.
Alla prova del kaya toast
Provare il kaya toast proprio in uno dei numerosi negozi di Ya Kun significa mettersi in fila con tanti altri local aspettando pazientemente il proprio turno. Pur evolvendosi nel business, l’aspetto dei locali è rimasto ancora essenziale, con sgabelli e tavoli piccolissimi, dove viene adagiata la merenda. Il kaya viene venduto anche in barattoli da portare via: del resto ogni cultura ha il suo “spread” del cuore, la crema spalmabile con cui condire gli spuntini. In Italia la Nutella, in Australia il Vegemite, negli Stati Uniti il burro di arachidi, solo per dirne alcuni. Il caffè viene preparato davanti agli occhi del cliente con un sistema di grande impatto, mentre il piccolo sandwich viene tostato sul momento; quindi, bisogna aspettare che si venga chiamati per aggiudicarselo. È molto piccolo, con un sapore tra il dolce e il salato (dentro di solito c’è anche un pezzetto di burro salato) da accompagnare alle uova condite. Per il caffè bisogna aspettare un po’ affinché non ustioni la lingua. In giro si trovano anche varianti più particolar