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Domenica, 28 Aprile 2024

Martina Di Iorio

Editor di CiboToday

Perché stanno aprendo ristoranti dove nessuno cucina?

La pressione dei costi e il problema del personale che non si trova stanno spingendo a una nuova creatività nella nascita dei format. E così si passa dalla cucina-cucinata alla cucina-assemblata. Che impatto sulla qualità?

Come mai, specie nelle grandi città, tutti mangiano ma chi cucina è merce sempre più rara? Sì, il cuoco, quella figura emblematica dietro a pentole e padelle, che suda d’estate, che fatica d’inverno. Colui che nappa, frigge, griglia, sforna. E non parliamo di grandi chef o nomi altisonanti, di racconti gastronomici prestati al food e non al cibo: parliamo di un medio cuoco, una persona normale che apre un normale ristorante. Con una cucina, una cappa, delle attrezzature specifiche, strumenti del mestiere e relative spese, e tutto questo con una ricaduta anche sul servizio, la sala, i clienti.

Il pass delle cucine PH Louis Hansel

I nuovi “format” gastronomici

La gastronomia è da sempre un fenomeno in evoluzione, si trasforma, risponde al mercato e alle sue crisi, plasmandosi sulla società e le sue richieste. Normale dunque che nel 2023 a Milano i locali che nasceranno saranno diametralmente opposti a quelli del 2003 del 1993. Ma un dato è certo. La ristorazione sta cambiando, si sta sempre meno dietro i fornelli e sempre più davanti. Pensate all'ondata di vinerie, alle bakery dove è possibile anche fermarsi per pranzo, locali che semplificano la parte cucina affiancando però prodotti già pronti o di facilissimo assemblaggio. Il tutto però senza rinunciare alla qualità. Luoghi dove si consolida ancora l’egemonia del racconto gastronomico, dove la ristorazione si alleggerisce, si assottiglia, modificando quelli che sono i tratti più classici. Non più antipasti, primi, secondi, ma menu più fluidi, con piatti nati molto spesso per essere condivisi, per accompagnare la bevuta, incentrati più sul prodotto che sulla ricetta in sé e sulla trasformazione. Come mai negli ultimi anni molti tra i locali più interessanti che hanno aperto vanno proprio in questa direzione?

Le comande all'interno di un ristorante PH DanielBradley

Costi, personale, orari: aprire un ristorante è oggi follia?

Una tematica che non può non considerarsi è quella del prezzo, dei costi, tra i primi responsabili di questa nuova tendenza gastronomica. Ovviamente un locale con una cucina, dotata di un minimo di attrezzature, è sicuramente più impegnativo a livello economico di uno che non ha questa esigenza, o che riduce al minimo il numero dei piatti cucinati in senso stretto. Un costo significativo a bilancio, che va a sommarsi a tutta una serie di altri dati: il più impattante è il personale. Che non solo è un costo, ma spesso proprio non si trova. E piuttosto che tenere progetti bloccati in attesa di trovare la squadra, si cambia progetto e si rinuncia alla cucina-cucinata per puntare sulla cucina-assemblata. Un cuoco medio (non c’è bisogno che abbia frequentato le migliori scuole del mondo) ha un costo maggiore, così come il personale di sala che deve stare dietro a turni e orari maggiormente stressanti. Una tematica, questa, che abbiamo più volte considerato su CiboToday: non molti sono ancora disposti a sacrificare la propria vita sociale e familiare per il lavoro, e lo testimoniano le nuove tendenze a ridurre orari, chiudere nel weekend, anticipare il servizio. Proliferano dunque ristoranti senza cuochi, dove si assemblano prodotti di gran livello senza cucinarli, magari solamente rigenerandoli, riscaldaldoli.

C’è un nuovo modo di consumare e mangiare

Salumi, formaggi, conserve, verdure, fermentati, prodotti che hanno bisogno di un minimo di trasformazione. Scordiamoci primi piatti, lunghe cotture, preparazioni e linee che impegnano personale dalla mattina: nei nuovi locali senza cucina si prepara tutto più velocemente e con risultati spesso soddisfacenti anche grazie a una materia prima di partenza sempre più eccellente. Il singolo prodotto ha la meglio dunque sulla preparazione, ridotta all’osso e alla portata di qualsiasi persona senza un vero e proprio background in cucina.

Le vinerie ed enoteche spopolano anche per questo motivo

Lo testimoniano anche le tante aziende agricole che per venire incontro ai locali di questo genere stanno realizzando prodotti adatti ai microonde. Che non ci sia una sollevazione popolare, perché si tratta comunque di prodotti di qualità lavorati per un uso diverso. Vongole Bernardi, ad esempio, produce un brick che contiene vongole selvagge pescate direttamente e gestite in catena del freddo: una volta messe al microonde si ottiene un’ottima zuppetta che al consumatore finale può costare 8/9€, un prodotto – che abbiamo scovato alla manifestazione Milano Golosa – pensato proprio per le enoteche di nuova generazione da affiancare ad un calice. Dunque il mondo del cibo prende un’altra direzione, che non vuole dire che la cucina è morta, sia ben chiaro, ma che si sta evolvendo inglobando nuovi format e rispondendo ad un mercato del lavoro in radicale ripensamento.

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