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Lunedì, 29 Aprile 2024
Territorio

10 ricette storiche bolognesi raccontate da un grande cuoco

Dall’antica pasta ripiena alla zuppa inglese senza cioccolato, passando per tre versioni della cotoletta. Lo chef Massimiliano Poggi racconta la storia dei piatti tradizionali

Lo sappiamo tutti: Bologna dotta e rossa, ma anche grassa. E per più di una buona ragione. Secondo lo chef Massimiliano Poggi — bolognese in tutto e per tutto, oggi al timone di Al Cambio, Vicolo Colombina, Massimiliano Poggi Cucina e Battirame 11 — sono almeno una decina le specialità cittadine che non si possono non conoscere. Certo, tagliatelle al ragù e lasagne le facciamo tutti anche a casa, ma in questa piccola rassegna di cultura gastronomica petroniana c’è più di qualche curiosità e aneddoto meno noto. Tra paste ripiene che portano il nome di antiche maschere, stufati “vegetariani”, cotolette in ben tre versioni e zuppe inglesi senza cioccolato, ecco dieci piatti bolognesi di cui forse non conoscete i “retroscena”.

Lo chef Massimiliano Poggi

Balanzoni

Prende il nome dalla maschera bolognese omonima questa pasta fresca ripiena che un tempo si era soliti consumare durante il Carnevale. Oggi non c’è festività che tenga e (per fortuna) si trovano tutto l’anno. “Rispetto ai tortelloni di tutti i giorni — un po più grossi e grezzi rispetto ai nobili tortellini, con semplice ripieno di ricotta, parmigiano, aglio, prezzemolo e noce moscata — per il pranzo della domenica i balanzoni si arricchivano di mortadella e parmigiano. Questi sono i principali insaporitori della cucina bolognese, proprio come l’acqua dei molluschi per la cucina delle zone di mare. Imprescindibile l’elemento vegetale per colorare la sfoglia di verde. Ortica in primavera ed estate, spinaci o erbette negli altri periodi”.

I Balanzoni di Al Cambio

Friggione

Ottimo come contorno — ma pure antipasto — d’estate, ma buono tutto l’anno grazie ai pomodori in conserva, “quelli che si preparavano con i freschi colti in agosto, passati e messi in barattolo. Per il friggione servono tante cipolle, che non vanno rosolate ma soltanto stufate a lungo, dopo aver fatto sciogliere un po’ di strutto. Poi si aggiunge la passata e si lascia andare. Infine, qualche cucchiaio di aceto, che insieme all’acidità del pomodoro bilancia la dolcezza delle cipolle. Un accorgimento che i nostri antenati avevano intuito senza studiare l’alta gastronomia”.

Friggione, ph. Bologna Welcome

Cotoletta alla bolognese

Si fa presto, a Bologna, a dire “cotoletta”. Un po’ più delicato districarsi tra le varie versioni, che sono almeno tre, come ci spiega lo chef. “La ricetta di quella alla bolognese (anche registrata alla Camera di Commercio di Bologna, ndr) prevede carré o lombata di vitello — con o senza osso — panata e fritta. Poi messa a bagno nel brodo e rivestita con qualche fetta di prosciutto crudo tagliato molto fine, nonché scaglie di Parmigiano. Si chiude col coperchio e si lascia ridurre, finendo poi il fondo con una noce di burro. Alcuni, quando la serviamo, si stupiscono che la cotoletta non venga croccante; ma deve essere proprio così, con la panatura che assorbe la salsa”.

La cotoletta alla bolognese di Al Cambio

Cotoletta alla petroniana

Quella alla petroniana è una variante un po’ più aristocratica, con una base di panna che prende il posto del brodo. Si prepara come quella classica, con tanto di prosciutto e Parmigiano e si mette a cuocere, per creare una salsa bella cremosa. Alla fine, in primavera ed estate, si aggiunge un goccio di passata di pomodoro; in autunno invece il tartufo”.

Cotoletta coi piselli

Dai ricordi personali di Poggi arriva un’interpretazione della cotoletta quasi d’altri tempi, “tutta incentrata sul recupero. Durante la stagione dei piselli si impiegavano gli eventuali tagli di carne avanzati, panandoli e friggendoli alla solita maniera. Poi un battuto di cipolle messo a rosolare con la passata, con aggiunta appunto di piselli freschi. Poi si aggiungeva la carne già lavorata, si lasciava cuocere per una ventina di minuti e si serviva con la sua salsa. La cotoletta così assorbiva bene il sugo e diventava enorme. Una bella resa, per un piatto semplicissimo e campagnolo”.

Ragù

Di ragù ne esistono tante versioni quante sono le famiglie bolognesi. “Quello che faccio io è differente da quello di mia mamma”, conferma lo chef, “lei ci mette il prosciutto e io no; io la cartella di manzo e lei no”. L’elemento fondamentale, in fondo, è soprattutto uno: “Mai lavorare il ragù come fosse un bollito. È uno stufato. Quindi va cotto aggiungendo i liquidi poco alla volta, per evitare di lessare la carne, e lasciato andare lentamente”. Che lo prepariate alla vecchia maniera o invece seguiate le recenti “deroghe” alla cosiddetta tradizione, tenetelo comunque a mente.

Il ragù per le tagliatelle di Al Cambio

Tortellini

Niente di sacro, a Bologna, tranne i tortellini? Forse, anche se dobbiamo ammettere che — anche in questo caso — le ricette variano a volte da numero civico a numero civico. “Nel mio ripieno metto del prosciutto crudo bello saporito, Parmigiano, noce moscata, mortadella e lombo di maiale. Quest’ultimo già cotto, per evitare che il ripieno restringa in cottura e sbilanci la proporzione con la sfoglia. In passato, però, cuocere la carne serviva a evitare rischi per la salute e prolungare la conservazione”.

I tortellini di Al Cambio

Pinza

I dolci tradizionali del capoluogo contano su un grande caposaldo: la mostarda bolognese. Diversamente dalle cugine cremonesi e mantovane, “la nostra è una sorta di confettura da solo mosto d’uva non fermentato, messo a bollire appena spremuto con le cotogne (non esiste la differenza, tra l’altro, tra mele e pere, si tratta dello stesso frutto). Non ci sono zuccheri, se non quelli di frutta e mosto. Quindi si tratta di un prodotto piacevolmente aspro, con una nota acida che si accompagna ai nostri formaggi freschi. Oppure a dolci a base di frolla al burro, come la pinza. Si fa con uno strato di impasto, steso e arrotolato dopo una generosa spalmata di mostarda. Poi cotto in forno”.

Pinza bolognese, Ph. Paolo Piscolla

Raviole

La base è la stessa frolla al burro della pinza, che per le raviole si coppa a cerchio, si farcisce con la mostarda e poi si chiude a mezzaluna. Cotte in forno, si mangiano così, senza nessuna bagna”. La consistenza resta morbida e friabile e questi dolcetti da credenza si preparano spesso per la festività di San Giuseppe, con una spolverata di zuccherini.

Raviole bolognesi, ph. Gusto sano Bologna

Zuppa inglese

Sulle tavole di campagna il dolce della domenica era sempre una semplice crema pasticcera, da mangiare insieme a frutta fresca o in conserva e magari qualche biscotto. La zuppa inglese è nata proprio con la sola crema gialla, unita a una base di torta semplice oppure, appunto, uno strato di biscotto imbevuto nell’alchermes. L’aggiunta al cioccolato è arrivata molto più avanti; nella mia, comunque, non manca mai”.

Zuppa inglese, Ph. Lungoleno

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