Ben più del profumo di panettone e pandoro, a Bologna, è quello del certosino a decretare ufficialmente l’inizio delle feste. Una specialità tipica del capoluogo, conosciuta poco o nulla altrove, che è proprio il caso di raccontare in questo periodo. L’antico dolce a base di frutta candita e spezie, infatti, non solo si può conservare a lungo, ma va fatto alcune settimane prima di Natale per lasciarlo riposare e far sì che gli aromi si amalgamino, per dare il meglio di sé più avanti. Ne ripercorriamo la storia e la ricetta, con qualche consiglio su dove comprarne di ben fatti.
Storia del certosino, dolce natalizio degli speziali bolognesi
A Bologna e dintorni il certosino si mette sotto l’albero ben prima di pacchi e pacchettini, ben infiocchettato nell’attesa si faccia ora di affettarlo. Ma la sua storia precede di molto l’arrivo di negozi, pasticcerie e torte confezionate: i bolognesi lo chiamano anche pan spzièl (pane speziato; oppure “speciale”, a giudicare dalla ricchezza dell’impasto), in ricordo dei tempi in cui lo producevano gli speziali.
Gli antenati dei farmacisti, infatti, già dal Medioevo commerciavano le spezie e gli aromi esotici che servivano per la ricetta, e non di rado si occupavano della stessa preparazione. Nel tempo furono i monaci della Certosa — oggi il cimitero monumentale della città — a diventarne massimi esperti (un altro esempio di luoghi religiosi che sono anche un po’ pasticcerie), e a darle il nome attuale. Chi desiderava passava a prendere il loro, e furono gli stessi frati, nel 1740, a confezionarne addirittura uno gigante, poi spedito a Roma per omaggiare Papa Benedetto XIV.
Come si prepara il certosino, una ricetta antica con qualche variante
Il certosino ha forma rotonda, è piuttosto piatto per l’assenza di lievito (come tutti i dolci più antichi) e ha una superficie scenograficamente guarnita da un mosaico di pezzettoni di frutta candita, tra arance, cedro, ciliegie, pere, fichi e albicocche. Diversamente dai dessert moderni, la ricetta è semplice e prende la sua ricercatezza da alcuni degli ingredienti, particolarmente costosi in passato e riservati alle occasioni di festa: miele, i già citati canditi, farina, mandorle, pinoli, confettura, un goccio di vino liquoroso e — appunto — spezie.
È imprescindibile la cannella, ma ogni famiglia che lo fa ancora in casa decide a suo gradimento, aggiungendo magari anice, chiodi di garofano oppure coriandolo. L’impasto del certosino odierno è particolarmente scuro, e ancora più goloso dell’originale, grazie all’aggiunta del cacao e del cioccolato fondente che per ovvie ragioni non erano disponibili nei tempi più antichi. Nelle sue basi, non è poi così distante dal pampepato delle regioni del centro (che abbiamo già raccontato), ma il certosino di Bologna ha un solo vero parente stretto: il panone, un dolce tipico del comune di Molinella — di cui è De.C.O., Denominazione Comunale d’Origine), che però è a pasta lievitata.
Dove assaggiare il certosino e le sue rivisitazioni moderne
Se la ricetta, dal novembre del 2001, è depositata presso la Camera di Commercio di Bologna, è soprattutto merito di un forno storico: quello fondato da Paolo Atti nel 1880, e ancora perfettamente funzionante. I suoi certosini si fanno allo stesso modo da 143 anni e si trovano al bancone del bel negozio dall’atmosfera Liberty anche nel resto dell’anno.
Buona la versione della pasticceria Regina di Quadri, disponibile in varie pezzature e riccamente decorata con arance, cedro, ciliegie e pere, come anche quella dell’“antica salsamenteria bolognese” Tamburini, al lavoro dal 1932. Il certosino è da sempre di casa anche alla Pasticceria Carosello e al Bar Billi, un posto storico che proprio al pan spzièl deve parte della sua fama. Infine c’è il maestro della pasticceria bolognese, Gino Fabbri, che ogni anno lo presenta al suo bancone.
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