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Domenica, 28 Aprile 2024
Personaggi

Era un calciatore di serie A, oggi fa un vino di famiglia sui Colli Fiorentini

Dario Dainelli, detto il Daino, ha rubato il cuore dei tifosi toscani. Ma dal campo ai filari di vite, la sua storia è tutta un programma

Per chi ha la passione del calcio, specie per quelli che la vivono in orbita Fiorentina, Chievo Verona, Genoa – Dario Dainelli è stato e resterà il Daino, difensore grande e tosto non solo per struttura fisica, occhi limpidi e aria da bravo ragazzo ma in campo temuto quanto basta, sempre rispettoso e rispettato da tutti. Un fido alleato con cui potevi andare alla gioiosa guerra della domenica (o del sabato, del mercoledì) ma con cui volentieri saresti andato a cena, sentendolo già amico dopo averlo visto giocare o parlare in TV.

Dalla caccia alle lucertole alla serie A

Dario Dainelli tra le sue vigne

Le scarpette al chiodo le ha attaccate nel 2019, ma per indagare il gioco cui si dedica adesso è interessante sbirciare più indietro nel tempo. Lo ritroviamo ragazzetto a Ghizzano, piccolo borgo nel comune di Peccioli, Pisa, dove tutto sembra ruotare intorno alla Tenuta Venerosi Pesciolini tra “uliveti, vigneti, gente che lavorava per fare l’olio, il vino”. Il padre scultore, la madre postina, la scuola era prima a Pontedera e poi a Empoli, “così noi ragazzi tornavamo a casa e vivevamo il paese”, con passatempi di terra e di strada, “andare a pescare o cacciare le lucertole, correre dietro al pallone”, gioco che divenne affare serio. Dalla U.S. Pecciolese passò alle giovanili dell’Empoli, quindi Modena e il crescendo che lo avrebbe portato alla Serie A, alla Champions League in maglia viola e a vestire quella della nazionale. Professione interpretata con serietà e dedizione ma anche con la giusta leggerezza, “eravamo fortunati a fare quel mestiere”, così che nel tempo libero emergessero le sane passioni parallele.

Calciatori e sbronzi di Riace, così li racconta Dario Dainelli

Cantina Dainelli

Gli “Sbronzi di Riace” fu la squadra (extra calcio) formata assieme ad alcuni colleghi come Marco Donadel, Alberto Gilardino, Massimo Gobbi, Luciano Zauri, all’amico Cristiano Savini che commerciava tartufi e col quale Dainelli aveva aperto un ristorante, scoprendo il piacere di andare a comprare i vini direttamente dai produttori. “Così adesso prendevamo un pullman e con tutta la banda organizzavamo delle belle girate visitando le aziende vinicole, degustazioni e buon cibo, un modo allegro di stare insieme. Vestivamo la divisa di ordinanza e sul petto appuntavamo le toppe di merito, quelle per le bischerate più originali e quella per l’intruso”, ovvero per chi meglio si mimetizzava nelle foto di gruppo. Non mancava la partitella di fine corsa. “Soprattutto era fantastico incontrare personalmente i produttori di vino, a cui spesso brillavano gli occhi mentre parlavano del loro mestiere”.

Una nuova casa tra i filari sui colli fiorentini

Dario Dainelli con le sue uve

Con la carriera che avanza Dainelli cerca casa sui colli fiorentini, trova soluzione nella campagna di Cerreto Guidi tra gli ulivi e i filari di sangiovese, le cui uve venivano ai tempi vendute a una grande cantina di zona. “Avrebbero fatto volentieri un vino a mio nome senza che ci mettessi mano, ma l’idea non mi convinceva del tutto”. Piuttosto, mentre il calcio lo porta più lontano da casa, assieme all’amico Matteo Tognini inizia i primi esperimenti di vinificazione in proprio, capendo che i vecchi vigneti non sono idonei alle sue ambizioni. “Iniziammo a predisporne di nuovi nel 2015 e poco dopo ebbi la fortuna di incontrare Attilio Pagli, persona straordinaria ancor prima che bravissimo enologo. Non volevo crederci quando mise a disposizione la sua esperienza per il mio piccolo progetto che partiva quasi dal niente”. Perché ormai la strada segnata, il Daino ha ben chiaro cosa vuol fare da grande ma anche adesso, subito: “Qualcosa di vero, non effimero, che attraverso il vino dia prestigio a questa terra ricca di argilla e di conchiglie”. E che al contempo restituisca vivacità enologica al paese stesso, Cerreto Guidi, dove oggi va ristrutturando una cantina storica della famiglia Verdi, proprio sotto la villa medicea, dove ricondurrà tutte le fasi della produzione.

Un produttore a cui brillano gli occhi: ecco Cantina Dainelli

Le etichette di Cantina Dainelli

La carriera da calciatore cessa nel 2019, Cantina Dainelli comincia a occupare il cuore delle sue giornate (anche qualche pensiero notturno, a dire il vero) e gli occhi che luccicano parlando di vino adesso sono i suoi. Circa 4 ettari vitati, 12.000 bottiglie che circolando trasmettono emozioni che sanno tornare indietro, restituendo al Daino soddisfazioni dal sapore nuovo. Le etichette sono affidate alle opere del pittore fiorentino Giovanni Maranghi, mentre in vigna e cantina si lavora per esaltare il frutto e la mineralità, la sapidità e l’eleganza che può offrire questa terra, “dove il sangiovese non avrebbe mai la potenza che ha nel Chianti Classico o a Montalcino”.

Dal RE³D alla bolla: i vini di Cantina Dainelli

Il Daino in Bolla di Cantina Dainelli

Il RE³D è un vino/acronimo che racconta tutta la famiglia Dainelli, Dario e Rebecca più i tre figli Ettore, Eva, Edoardo, un “sangiovese alla Cerreto Guidi” fresco e fruttato, mentre Il Rude affina in anfora “anche coi suoi raspi”, più ruvido e strutturato, incline alla longevità.  L’Intruso riprende (già dall’etichetta) il gioco degli Sbronzi di Riace, qua a nascondersi e un po’ di malvasia nera che ingentilisce il sorso, mentre è ancora sangiovese in purezza il frizzante Daino in Bolla: “Quando giocavamo dicevo ai ragazzi più giovani, più timidi, che gli avrebbe fatto bene un bicchiere di vino per essere in bolla”. Non ultimo il bianco La Sbronza, minerale e sapido, 100% ansonica da un piccolo appezzamento sull’isola del Giglio. Vini buoni e curati, onesti, espressivi, “quelli che innanzitutto a noi piace bere”, dove la cura del dettaglio fa il risultato finale: “Servono anni di lavoro per portare un vino in tavola e bisogna essere sempre presenti, non trascurare nessun passaggio”.

Di nuovo calcio con gli amici di sempre

Il calcio che conta è tornato a chiamare attraverso la voce di un amico vero, proprio quell’Alberto Gilardino oggi allenatore del Genoa, che l’ha voluto in panchina al suo fianco. È ancora Serie A, ancora un pallone che fa la differenza, “un’esperienza bella anche dal punto di vista umano, e non avevo dubbi conoscendo il Gila e l’ambiente”. E il vino? “Un paio di volte a settimana facciamo gli allenamenti di mattina e appena posso scappo a casa, innanzitutto per riabbracciare moglie e figli, ma poi anche la cantina ha la sua parte. Mi manca il lavoro quotidiano ma mentalmente ci sono sempre, lo scambio con i collaboratori è continuo”. Magari sarà uno dei giovani Dainelli, crescendo, a prendersi a cuore l’avventura vitivinicola, chissà. Portando avanti anche l’eredità di quell’impagabile luccichio negli occhi.

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