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Lunedì, 29 Aprile 2024
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L’ex ciclista 29enne che conquista i social facendo pentole in pietra in Valtellina

Nicola Bagioli ha imparato il mestiere di famiglia tramandato da cinque generazioni e si è messo a produrre lavéc. Una pentola in pietra ollare tornita a mano, che dura tutta la vita e ha conquistato gli chef

Nicola Bagioli ha 29 anni e fa il laveggiaio in Valtellina. Cosa significa? Che per lavoro, dopo un brutto incidente che lo ha portato a lasciare una carriera come ciclista professionista, ha deciso di mettersi a produrre lavéc. E che cos’è il lavéc? Una pentola in pietra ollare, prodotta da secoli dalla roccia di quelle valli con una tecnica che passa di padre in figlio. Si lavora al tornio, con pazienza, e poi dura tutta la vita: quelle cose che, insomma, non si trovano più. “Qui in Valmalenco ogni famiglia ne ha almeno una; di solito si regala ai figli che si sposano”. Ed è per questo che Bagioli e sua moglie Arianna Dell’Agostino hanno pensato di parlare a tutti, raccontando sul profilo Instagram della loro azienda Lavéc — nata quasi 5 anni fa e ora con un seguito corposo sui social — le proprietà particolari di questo oggetto. Che finisce nelle case di chi lo ordina, un po’ ovunque nel mondo, nonché nelle cucine di grandi chef. Il racconto.

Nicola Bagioli e i suoi lavec

Nicola Bagioli, il giovane ciclista che è tornato a fare pentole

Nel 2019, mentre mi allenavo in bici, mi hanno investito”, racconta Bagioli a CiboToday. Lo raggiungiamo al telefono nella sua Lanzada, paesino di 1.300 abitanti della Valmalenco, in provincia di Sondrio. “Mi sono rimesso in sesto abbastanza velocemente, ma intanto era nata l’idea di cambiare tutto e mettermi a fare l’artigiano. Ci ho pensato un po’ e ho preso quella strada”. Svuota il vecchio laboratorio di famiglia, che nel frattempo la nonna aveva adibito a ricovero per la legna, rimette in funzione il tornio e gli attrezzi del bisnonno e chiede al padre Roberto di insegnargli a fare il lavéc.

Nicola Bagioli e sua moglie Arianna Dell’Agostino preparano le spedizioni dei lavec

Io sono la quinta generazione”, spiega Bagioli, “iniziò a fine Ottocento il mio trisavolo Ludovico, poi il bisnonno Luigi e nonno Renzo. Mio papà l’ha fatto di mestiere solo un paio d’anni, ma ha cambiato lavoro perché il lavéc qui ce l’avevano già tutti e la richiesta era poca”. Ma il signor Roberto come si fa se lo ricorda ancora, e consegna a Nicola i ferri del mestiere. 

Il lavéc: l’antica pentola in pietra ollare della Valtellina

I miei amici mi hanno preso un po’ per pazzo, ma ci ho creduto subito”. L’intuizione, ancora prima di avviare formalmente l’azienda, è quella di posizionarsi sui social e raccontare da lì il perché e il per come di questa pentola particolare. Per allargare il mercato e accogliere ordini da tutta Italia. “Il lavéc è la storia di questo territorio. Si è fatta da sempre con la steatite delle cave. Oggi però il materiale migliore si è esaurito, e ordiniamo la pietra ollare (si chiama così perché serve per le ‘olle’, cioè i recipienti, Ndr) dalla Norvegia e Brasile”. Il risultato è un recipiente totalmente in roccia, che garantisce temperatura costante e quindi una cottura uniforme, a differenza di acciaio o alluminio. I cibi cuociono senza attaccarsi e mantengono inalterati sapore e proprietà nutritive. Altro pregio? La stabilità e la longevità: sono praticamente eterne, “e anzi, più si usano e più migliorano”.

Il lavec, la tradizionale pentola in pietra ollare della Valtellina

Come si fa e come si usa il lavéc

Per fare un lavéc servono solo ‘due ingredienti'. “La pietra ollare e il rame. Il metallo serve per rilegare la pentola e dare stabilità, e aggiungere il manico”. Il terzo — volendo — è l’abilità dell’artigiano, che stacca il blocco di pietra, lo sgrossa e lo monta sul tornio. Maneggiando i ferri liscia l’esterno e procede a scavare l’interno, poi fissa tutto con le legature in rame. Non ci sono macchinari a controllo numerico che garantiscano la stessa precisione, “specie quando faccio il ciapùn, che è la ‘famiglia’ di pentole di vari formati ricavate dallo stesso blocco e che si possono impilare una dentro l’altra”.

Bisogna lavorare tanto, con energia e precisione: si vede nei tanti video girati in laboratorio, dove Nicola e Arianna raccontano il mestiere. Poi portano anche i follower in cucina, dove nel lavéc cuociono il pane, gli stufati, “e soprattutto un grande risotto”.

Il lavéc nelle cucine dei grandi chef 

I lavéc di Bagioli, in pochi anni, si sono fatti notare. Gli ordini provengono anche dall’estero, e spesso arrivano richieste speciali: “Che soddisfazione quando mi chiamano gli chef”, fa Bagioli, “alcuni di loro mi propongono dei progetti apposta, e quando riescono bene li metto in produzione per tutti”.

Arianna Dell'Agostino e la cottura del risotto nel lavec

I più particolari? “Alessandro Negrini de Il Luogo di Aimo e Nadia voleva un lavéc a pressione. Non l’avevo mai fatto e temevo non fosse possibile. Ma è andata benissimo”. Michelangelo Mammoliti ha invece chiesto pentole piccine, ‘monoporzione’, per il servizio al tavolo. Poi il tristellato Heinz Beck, che ha ordinato per la sua Pergola dei piatti in pietra ollare, affascinato dalla texture liscissima. Chi vuole una pentola ben fatta, adesso, deve ordinarla e aspettare un po’; in fondo, poi, il lavéc durerà tutta la vita.

Lavéc. La Pietra Ollare

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