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Lunedì, 29 Aprile 2024
Le Storie

Ascesa e declino di Burghy. Il mitico brand italiano di hamburger (che no, non tornerà)

Nacque da aziende italiane su ispirazione del McDonald’s proprio negli anni in cui quest’ultimo stava per sbarcare in Italia. E Mc finì poi per inglobarlo

L’effetto nostalgia ha una potenza sovrumana anche quando si parla di cibo. Per questo, quando all’inizio del 2021 lo storico marchio di panini Burghy è tornato a mostrarsi su un copri-cantiere di un locale di Monza, stessa grafica, stessi colori, qualcuno ha creduto che la vecchia gloria dei fast food all’italiana sarebbe tornata in pista. Un’operazione nostalgica simile a quella del rinascimento (o parte di esso) toccato in sorte a Spizzico, marchio italiano di “pizza by the slice” nato nel 1989 con l’ambizione di essere “la risposta, tutta italiana, alla diffusione della formula del quick-service all’americana” spiegano da Autogrill.

Burghy torna, ma è per finta

In realtà quella fugace apparizione non fu altro che una trovata di marketing tra le molteplici attribuite al fondatore di Burgez, Simone Ciaruffoli, altra catena di burger che in passato ha promosso messaggi controversi per raccontare i suoi prodotti e le nuove aperture. “Quando abbiamo trovato la location di Monza, a fianco di McDonald’s, ho subito pensato che fosse una cosa simpatica omaggiare e ricordare Burghy” spiegò in quell’occasione Ciaruffoli, che promosse l’idea di creare dei manifesti con il logo Burghy e la scritta, in piccolo, “sta tornando” anche se non era vero.

Il logo Burghy sul sito del McDonald's

Nascita e declino di Burghy

La macchina della nostalgia si era però messa in moto ed è singolare che spesso tocchi anche a prodotti che oggi sarebbero guardati con qualche criticità o sorti alterne: basta che appartengano al passato, specialmente agli anni ’80 e ’90, e c’è chi ritiene di sentirne veramente la mancanza. Lo dimostrano le numerose foto sparse su facebook nelle pagine che parlano della Vecchia Milano. Vero è che il caso Burghy fu assolutamente singolare, sia per come nacque che per come si sviluppò, fino a poi declinare nell’azienda con cui forse sperava di rivaleggiare, la più grande multinazionale di hamburger del mondo, la cui storia è stata ben raccontata dal film The Founder: McDonald’s.

I supermercati creano Burghy

Invece che da frullatori e drive in, nonché dal frutto dell’american dream, Burghy era italianissima. Il marchio ebbe una crescita e una vendita lampo: fu infatti creato nel 1981 con l’apertura del primo negozio nella centralissima Piazza San Babila a Milano, una sfilata di vetrine su cui troneggiava il marchio rosso e giallo “Burghy” e lo slogan, “più gusto di Burghy, nessuno ti dà”. A crearla fu la stessa proprietà che detiene oggi un colosso della GDO, quella dei supermercati GS. Nel 1985, Burghy contava già un numero sorprendente di ristoranti, ben 96, che passarono in blocco a una nuova proprietà, il Gruppo Cremonini (rivale di Autogrill nella gestione delle aree di servizio e dei punti di ristoro nelle stazioni, con il marchio Chef Express e altri).

Il menu ispirato a una grande multinazionale

La diffusione dei Burghy fu repentina e molto capillare. A Milano e nel circondario ne aprirono moltissimi, tanto da diventare punti di ritrovo per un’intera generazione di adolescenti (e danno il via a quel fenomeno di costume degli anni ‘80 che va sotto il nome dei “paninari”). Il menu di Burghy era palesemente ispirato a quello di McDonald’s. Online è possibile trovare ancora dei volantini di quegli anni che mostrano come sia le foto che gli ingredienti fossero del tutto riconducibili alla catana degli Stati Uniti. C’era per esempio il King Bacon con carne, bacon croccante e formaggio, il King Chicken con petto di pollo, formaggio e insalata, persino il Chicken Doré, la confezione di bocconcini di pollo fritti serviti con salsa barbecue e salsa tartara. Si proponevano anche patatine fritte, in un packaging del tutto identico a quello del celebre fast food e frullati all’americana. Secondo uno scontrino del 1989 postato da un utente su Tik Tok, mangiare da Burghy un panino costava allora 1.700 lire, mentre una Coca-Cola large 2.000.

La scomparsa di Burghy

Nel 1986 il McDonald’s avrebbe aperto quello che è considerato il primo negozio in Italia (anche se era arrivato già l’anno prima a Bolzano) nelle vicinanze di Piazza di Spagna a Roma, dove si trova tutt’ora. Le coincidenze cronologiche dimostrano che proprio in quegli anni i marchi del food retail cominciavano a darsi battaglia, con un certo ritardo, sul mercato italiano. Nel 1996 il marchio venne ceduto dal Gruppo Cremonini alla stessa McDonald’s. “Burghy segna l’inizio della storia di McDonald’s in Italia e sarà sempre parte di noi” racconta la multinazionale sul suo sito. Infatti in quegli anni poteva contare su una presenza molto ridotta che si concretizzò solo con la cancellazione della concorrenza diretta. Nel 2006, anche l’ultimo Burghy ancora con questo nome, si trasformò nel nuovo licenziatario. Nel 1995 il Burghy di San Babila era diventato un McDonald’s, chiuso anch’esso nel 2015 perché, sembra, il canone di locazione era troppo elevato. È curioso inoltre che, negli anni ’90, Burghy sostenne la squadra di basket del Modena, che infatti cambiò nome diventando “Burghy” anch’essa.

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