Nei ristoranti attenti ai ritmi delle stagioni, il menu cambia spesso durante l’anno. In quelli di alto livello, capita poi che in ogni carta gli chef propongano ricette inedite, nate per raccontare il territorio e, perché no, anche un po’ del loro vissuto, tra ricordi e gusti personali. Non fa eccezione Gucci Osteria, insegna una stella Michelin in Palazzo della Mercanzia di Firenze; parte del “giardino delle meraviglie” del marchio di moda. Responsabili della linea sono la messicana Karime Lopez e il giapponese Takahiko Kondo, devoti alle materie prime italiane ma con una firma che parla dei sapori del mondo. Come lavorano dietro le quinte? Da cosa nascono le nuove ricette? Ce lo spiegano nel video in fondo all’articolo, girato in cucina per raccontare tre portate del loro ultimo menu.
Karime Lopez e Takahiko Kondo, chef di Gucci Osteria a Firenze
È stato Massimo Bottura — patron di tutte e quattro le osterie Gucci nel mondo — a chiamare la coppia (sul lavoro e nella vita) a condurre il locale di Piazza della Signoria. Prima Karime Lopez, che ne è chef dall’apertura del 2018: classe ’82, di Città del Messico, passa all’alta cucina dopo studi in Arti Plastiche a Parigi. Si forma con i migliori interpreti della cucina di Centro e Sud America, al Pujol di Città del Messico e al Central di Lima, poi arriva all’Osteria Francescana di Modena. Qui conosce “Taka”, nato a Tokyo, nel ’78 e che ha iniziato lì proprio in un ristorante italiano. Si è spostato poi in Emilia, dove è stato per 17 anni al fianco di Bottura, dal 2014 in veste di sous-chef. Da un anno ha raggiunto Karime a Firenze, occupandosi come co-executive del ristorante che da 4 anni ha ottenuto la sua prima stella Michelin.
“La carta cambia 3 volte l’anno”, spiegano a CiboToday, “e ogni volta partiamo da ingredienti locali che ‘mixiamo’ ai nostri viaggi e ricordi dal Messico e dal Giappone”. Un “melting pot” gastronomico in cui rientrano anche grandi classici oppure ricette di casa, rielaborate con tecnica e cura per la presentazione. Ce ne hanno raccontate tre, scelte dall’ultimo menu invernale (7 portate, 170€; 8 portate, 200€): uno spaghetto che ricorda la cassata, un’animella “cosmopolita” e un Banana split “d’autore”. Tutto ben spiegato in video.
Alcuni piatti di Lopez e Kondo da Gucci Osteria
Gli spaghetti “Non dire cassate” di Gucci Osteria
“Ho pensato a una cassata siciliana”, racconta Kondo, “ma l’ho trasformata in un piatto di spaghetti”. In particolare quelli al pesto, che ama mangiare anche freddi, “quando una forchettata tira l’altra e fai fatica a fermarti!”. Un primo? Un dolce? Nessuno dei due; “Non dire cassate” è un piccolo pre-dessert, pensato per traghettare dalle pietanze dolci a quelle salate. Alla base c’è una crema di mandorle un po’ dolce e un po’ amara. Gli spaghetti sono cotti in un brodo di dashi e croste di Parmigiano, poi conditi con pesto di pistacchio.
Il boccone è poi finito con altro pistacchio di Bronte e cedro candito, “a volte anche il bergamotto, che è delizioso” e una grattugiata di ricotta. Non quella fresca del dolce siciliano, “bensì quella salata e affumicata in casa, con tè cinese Lapsang Souchong”, per un profumo più sfaccettato.
Il secondo “Animella mia” di Lopez e Kondo
Il secondo piatto lo mostra Lopez, affezionata alle animelle in quanto “in Messico le mangiamo molto, anche nei tacos, con un po’ di pico de gallo". Nel piatto tornano entrambi, in un modo nuovo. L’animella è cotta in tre momenti, quello finale con panatura di quinoa, e adagiata su una salsa di coriandolo, nonché aromatiche dai dintorni della città.
Poi, appunto, un pico de gallo differente, di frutta e verdura: pomodoro verde, melograno, alchechengi, cipolla rossa sottaceto e infine una spruzzata di limone e ancora coriandolo fresco, “che è uno dei sapori principali della nostra cucina”. Al quale si affianca però anche l’erba centocchio nostrana.
La “Banana split” alla maniera di Karime Lopez
In questo dessert di livello “stellato” si parte da un classico super pop: la Banana split. “Quando i miei mi portavano a mangiarla”, dice Lopez, “era una vera festa. Perché si trattava del dolce più abbondante e goloso che c’era”. Ricordi d’infanzia ma anche un pensiero sulla circolarità degli ingredienti. “Prima del servizio facciamo merenda con una banana. E sai quante bucce vanno sprecate?”.
Gli chef hanno provato così a impiegarle, con una cottura in 5 passaggi che le rende dolcissime e dalla consistenza simile al dattero. Il dolce si costruisce poi su un’italianissima crema al mascarpone, con salsa al cacao, fragole in purezza — “nei nostri dolci la frutta fresca, si deve sempre sentire” — namelaka alla banana, noci pecan e gelato alla vaniglia salata. Per finire dei riccioli ricavati dalla frutta, multicolor grazie a kiwi, more e mandarini. “Prodotti italiani e di stagione, perché se è vero che nella nostra cucina le tradizioni e le tecniche viaggiano intorno al mondo, la materia prima è la migliore di qui”.
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