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Sabato, 27 Aprile 2024
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“Londra è affamata di cucina regionale italiana”. Intervista a Giorgio Locatelli

Lo chef giudice di Masterchef originario della provincia di Varese ci spiega il boom della cucina regionale italiana all’estero. E ricorda i piatti a cui è affezionato: tra pesce di lago, polenta e dolci che però fa preparare agli altri

Quando raggiungiamo al telefono chef Giorgio Locatelli a Londra, non facciamo in tempo a chiedergli come sta che ci risponde con uno strabordante “Benissimo!”. Chiarendo subito come mai sia oggi uno di quei (pochi) cuochi italiani amati all’unanimità, e per niente divisivi. Ci ha messo il carico il ruolo da giudice di Masterchef, certo, ma a quella veste è arrivato dopo decenni di carriera solidissima, costruita un passo dopo l’altro nel Regno Unito. Il punto di partenza però è Vergiate, un paese lombardo sul Lago di Comabbio, in provincia di Varese, la cui cucina continua a ispirarlo. L’intervista.

Giorgio Locatelli negli studi di Masterchef italia

La storia di chef Locatelli, da Varese a Londra

Locatelli cresce proprio lì a Vergiate, tra il ristorante di famiglia e la pasticceria degli zii a Gallarate — nonostante il suo rapporto coi dolci non sia idilliaco, come vedremo — con le ricette di una tradizione regionale che ha guardato definirsi chiaramente nei decenni. Dall’osservatorio della sua Locanda Locatelli — una stella Michelin a Londra, inaugurata nel 2022 dopo un percorso che parte da metà Anni Ottanta — gli abbiamo chiesto quali sono i sapori di casa che ancora lo accompagnano. E capito, insieme a lui, che è proprio il repertorio regionale quello che sta sostenendo il boom della gastronomia italiana nel mondo.

Come se la passa la cucina italiana a Londra? È un buon momento?

Alla grande, direi. Oggi se apri un hotel 5 stelle non ci metti più dentro un ristorante francese di grido, come era d’obbligo, ma un locale italiano. E non è finita lì, perché dire “italiano" non basta.

Cioè? Quante cucine “italiane” ci sono?

Chi apre un posto deve dichiarare anche che tipo di cucina regionale vuole fare, perché i clienti iniziano a capire. In Italia abbiamo chiaro quanto è ampio e diversificato il panorama; ma non è stato sempre così. Anzi, la cucina regionale l’abbiamo scoperta pure noi di recente. Mio nonno, per dire, il peperoncino non l’aveva mai assaggiato. Mia nonna ogni tanto cucinava gli spaghetti al pomodoro, ma erano una cosa quasi esotica. Me lo dice ancora il mio amico Walter: lui li ha mangiati per la prima volta da noi, a casa c’erano solo risotto e polenta.

Risotto alle lumache di Locanda Locatelli, Londra

Dunque tornare effettivamente a quel “risotto e polenta” non può fare che gioco…

Proprio così. Ripensiamo alla gastronomia francese, ad esempio: nel Novecento hanno codificato una “grande cuisine” nazionale, monolitica, e l’hanno portata in giro. Noi invece avevamo l’Artusi, che però ha raccolto ricette del Centro-Nord e poco altro. Così, sotto la pizza e le lasagne che si cucinavano un po’ ovunque, si è mantenuta una varietà incredibile. Passata per influenze arabe, greche, normanne… Quella che poi le persone hanno portato in giro quando hanno iniziato a viaggiare. Ora non ci batte più nessuno: da Cinderella siamo diventati “star”.

E sulla sua cucina regionale che ci dice? Riesce a farla anche a Londra?

In parte. I piatti più identitari si reggono su ingredienti super locali che all’estero non arrivano. Mettiamoci pure la Brexit, che ha complicato tutto all’inverosimile. 

Ci faccia qualche esempio. Cosa mangia quanto torna a Vergiate?

Per me la cucina di casa è soprattutto il pesce di lago. E il nostro persico — oppure i lavarelli che facciamo in carpione — ovviamente a Londra non li trovo. Per questo ho un appuntamento fisso: vado al ristorante Belvedere di Ranco e in inverno ordino il risotto con il persico.

Giorgio Locatelli con il giornale della sua Vergiate

E d’estate?

Sempre il persico, però con la cicoria saltata e le patatine fritte.

Alla Locanda invece non riesce proprio a togliersi qualche “soddisfazione" che parla varesotto?

Ma certo che sì. Anche se non è in carta, a chi chiede il risotto alla milanese lo facciamo sempre. C’è anche la polenta, anche se la nostra è più leggera di quella “alla vecchia maniera” e finita appena con un po’ di burro. E poi ci sono dei clienti che ci avvisano prima e vengono apposta per la trippa coi fagioli.

Lombardia alla riscossa, insomma.

Esatto! Ma non ho ancora detto la mia soddisfazione più grande…

Lo chef Giorgio Locatelli

Sarebbe?

Sono riuscito a far apprezzare il coniglio agli inglesi. Qui non lo amano molto perché ci sono disegni di coniglietti parlanti su tutti i libri di scuola… Certo non lo posso proporre come lo faceva mia nonna: servo la coscia confit col prosciutto e la sella disossata, sempre insieme alla polenta. E va fortissimo.

Per ora, tra i suoi ricordi, non è uscito fuori niente di dolce. Possibile?

(Ride) Guarda, fosse per me alla Locanda servirei solo torta al cioccolato, torta al limone e tiramisù. Ti dico solo che quando sono diventato chef dello Zafferano, sempre qui a Londra, mi sono tagliato lo stipendio per prendere un pastry chef che ci pensasse.

Però ci risulta che in famiglia abbia dei bravi pasticcieri…

Esatto. E infatti quando sono in Italia faccio il pieno di amaretti (quelli “di Gallarate”, inventati proprio dagli Gnocchi, zii di Locatelli, NdR), da mangiare con mascarpone, zucchero e Cognac. Una bomba. E ordino anche tanti panettoni.

Gli amaretti di Gallarate, specialità degli zii di Locatelli

Li porta anche a Londra?

Li porto, sì. Ci faccio anche un dolce che credo proprio di avere inventato, anche se poi me l’hanno copiato in tanti: il Panettone Bread and Butter Pudding. Si prende il panettone, si lavora con crema inglese e un bel po’ di burro, e si inforna. 

Anche questa è l’evoluzione di un dolce regionale, a pensarci…

Esatto! Anche se spesso uso quello di Antonino (Cannavacciuolo, NdR), che paradossalmente è campano. Ma il suo mi piace tantissimo.

Giorgio Locatelli, Antonino Cannavacciuolo e Bruno Barbieri negli studi di Masterchef Italia

A proposito di Antonino. Come va con i suoi colleghi giudici di Masterchef? Che tra l’altro parlano spesso delle loro radici, abbastanza diverse tra loro.

Ho imparato ancora moltissimo dal confronto con Cannavacciuolo e Barbieri. Sono pezzi da novanta e portano avanti idee diverse di cucina. Ma anche dagli chef che ci vengono a trovare e pure dai concorrenti. Da cinque anni le cose sono cambiate; prima era un pochino più un “circo”. Ora in cucina non entra nessun tipo di umiliazione, e mi relaziono con loro come con la mia brigata, per cercare di far crescere tutti insieme. Mi sono imposto affinché fosse così.

MasterChef Italia è uno show Sky Original prodotto da Endemol Shine Italy; tutti i giovedì su Sky e in streaming su NOW e sempre disponibile on demand

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