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Lunedì, 29 Aprile 2024
Le Storie

Il sushi e tutti gli altri piatti che andrebbero mangiati con le mani anche se non credevi

L’autore Allan Bay racconta in un libro come mai alcune pietanze devono essere mangiate con le mani. “Un piacere e una gratificazione psicologica”, che riguarda zuppe di pesce, nigiri e spaghetti

Il critico e giornalista Allan Bay avrebbe voluto chiamare suo libro Apologia del mangiare con le mani, a evidenziare la portata della sua ‘battaglia’ personale. Per il titolo appena edito da Il Saggiatore, ha invece optato per un più ‘morbido’ Elogio. Che comunque mette subito le cose in chiaro. Gli abbiamo chiesto di snocciolare alcune nozioni davvero ‘gustose’ a proposito dei cibi che — contrariamente a quanto si creda diffusamente — sono nati per un approccio senza posate. Di seguito una lista di pietanze che, checché ne dica il galateo, sarebbe bene mangiare con le mani, contenente non poche sorprese. I più eclatanti? Sushi e zuppa di pesce.

Il critico e giornalista Allan Bay, autore di 'Elogio del mangiare con le mani'

Mani vs forchette: breve storia delle posate

Riassumiamo la questione: “Per osservare la traiettoria delle posate, bisogna concentrarsi sulla forchetta”, racconta a CiboToday lo storico dell’economia e della gastronomia, a proposito dell’utensile che ha modificato le maniere a tavola. “Qualunque contadino poteva intagliare un cucchiaio per mangiare le zuppe o le puls; una specie di polentina alimento principale dei Romani. La forchetta è arrivata invece da Bisanzio intorno al Mille”. Il coltello gioca a parte: prima arma dei cacciatori e poi strumento dei soli cuochi per porzionare le carni, “oppure degli scalchi al servizio dei ricchi, che affettavano e servivano i commensali. A tavola il coltello non c’era”.

La copertina del volume di Allan Bay

Dalle corti bizantine (o forse persiane), l’uso della forchetta si diffonde in Europa, “non però tra la nobiltà, che ha sempre mangiato come i contadini, solo con più abbondanza, ma con l’affermarsi della classe borghese”. Facoltosi banchieri che acquisirono titoli, sappiamo che i Medici ne facevano uso, così come la nobiltà francese — complice, si pensa, l’espatrio di Caterina — poi decimata dalla Rivoluzione. “Il 19 luglio del 1789 uno chef in precedenza impiegato nelle cucine dei nobili aprì a Parigi il primo ristorante moderno. Con mise en place completa di forchetta e coltello. La presa a modello della gastronomia francese, un secolo dopo, ha fatto il resto”.

La zuppa di pesce

Cacciucco alla livornese

In Italia la famiglia delle zuppe di pesce si divide in due. Ci sono quelle più ‘nobili’, con filetti di pesce cotti quasi interi, “come il cappon magro ligure, con anche verdure. Qui è giusto servirsi di una forchetta, preferibilmente a due rebbi”. Per altre versioni dai natali più umili — “tra tutte il cacciucco” — l’insieme di minutaglia, pesci piccini (con le loro spine) e piccoli crostacei “sarebbe un incubo con le posate. O lo mangi con le mani, o lo mangi con le mani. Poi con il cucchiaio raccogli il brodo”.

Il sushi

Sushi

Il repertorio di preparazioni a base di riso, pesce crudo e alghe si è diffuso in Giappone non prima di un secolo fa, “quando i treni con vagoni refrigerati hanno iniziato a consegnare il pesce in tutta l’isola”. Specie per i nigiri — le ‘polpettine’ di riso sormontate da una fetta di pesce — la chiave è il dosaggio della soia, “che non deve toccare il riso, che ne assorbirebbe troppa, diventando oltremodo salato e sbriciolandosi”. Secondo Bay nemmeno gli stessi giapponesi, in poco più di cent’anni, sono riusciti a padroneggiare l’operazione con le bacchette, “e quindi il sushi va preso con le mani. Per non rischiare di fare danni con la salsa io uso un nebulizzatore, e la spruzzo sul pesce”. 

Gli spaghetti

Totò mangia gli spaghetti con le mani in una scena di Miseria e Nobiltà

Il sugo di pomodoro è diventato il condimento per eccellenza solo dopo l’avvento di conserve e vasettame, “prima gli spaghetti a Napoli si mangiavano in bianco, con tanto formaggio. Si portavano in alto con le mani e finivano in bocca. Hai presente Totò in Miseria e Nobiltà? Senza salsa, si potrebbe fare ancora così”.

I ravioli (orientali e non solo)

Cucchiaio per raviolo condito, come suggerisce Bay

Nei ravioli orientali di acqua e farina, il ‘succo’ sta tutto dentro. L’eventuale salsa è servita a parte, e il modo di sigillarli serve per preservarli in cottura. “Ovviamente non ha senso usare le posate, nemmeno le bacchette. Basta attendere qualche secondo finita la cottura al vapore e prenderli con le mani”. Bay ha un’idea precisa anche su quelli nostrani, spesso però conditi con salse grasse, “come il burro e salvia. Anche se oggi pare che il burro sia poco politically correct, e se ne usa meno”. In questo caso consiglia di accomodarli in un cucchiaio di tipo orientale, condirli e portarli direttamente alla bocca.

Pollo arrosto e costine

Allan Bay e il modo giusto di affrontare il pollo arrosto

Era molto raro che il popolo mangiasse arrosti un tempo”, anche per il dispendio di combustibile e tempo, di cui disponevano. “La carne si tagliava più spesso a fettine sottili e si cuoceva in altro modo. Gli arrosti veri e propri venivano comunque porzionati in cucina e serviti a pezzi, rendendo superflue le posate”. Inoltre — si sa — la carne migliore è quella attaccata all’osso, “e quindi non c’è costina o pollo arrosto per il quale serva la forchetta”. “Dagli orientali dovremmo anche imparare a cuocere tutta la carcassa”, aggiunge Bay, “le ossa fatte a pezzi poi sono deliziose. E si mangiano chiaramente con le mani”.

La pizza

La pizza a portafoglio della Pizzeria F.lli Nucilli

La mitica pizza nasce come cibo di strada, e come tutte le pietanze ‘to go’ snobba le posate. “A Napoli si mangiava e si mangia chiusa a portafoglio, che è il modo più logico. Il disco è morbido e scioglievole, e tagliarlo a spicchi fa scivolare il condimento”. Quindi nessuna remora, tanto a Spaccanapoli quanto nelle pizzerie più chic, a piegare ‘a involto’ e procedere a mano. Altro che spicchi fatti con coltello e forchetta.

I fritti: tutti quanti

Frittatine di pasta, arancini e crocché di patate

Sui fritti non transigo: non bisogna azzardarsi a tagliuzzarli con le posate”. Ammette una piccola deroga per il grande formato — la cotoletta, per intenderci — ma per il resto non c’è supplì, arancino o crocché che tenga. Il metodo di cottura è nato intorno all’800 nella tradizione araba, appena si è riusciti a stabilizzare un grasso ad alta temperatura, “e resta la cosa più ‘manesca’ che ci sia”.

Panettone e altre dolcezze

L'autore mentre mangia il panettone con le mani

Mentre la pasticceria moderna, col suo corredo di creme e mousse, ha complicato le cose, per i dolci classici non servono posate. “Ma facciamo sempre una distinzione tra il servizio, che può consegnarli a fette, e la degustazione”. Il panettone, ad esempio, Bay consiglia non solo ovviamente di sbocconcellarlo, ma di ‘strapparlo’ a mano. Perché? “I motivi non sono mai ‘tecnici’. Mangiare così, in tutti i casi, è soprattutto un piacere e una gratificazione psicologica”.

Allan Bay, Elogio del mangiare con le mani

Edito da Il Saggiatore

Pagine: 336

Prezzo: 18€

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